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I Gioielli di Venere Tirrenica
I Gioielli di Venere Tirrenica
Arcipelago Toscano (LI)

Un'antica leggenda narra che quando la Venere Tirrenica nacque dalle onde del mare, si ruppe il gioiello di cui la dea era adorna. Il diadema e le sue gemme caddero in acqua trasformandosi nell'Elba e nelle altre isole dell'Arcipelago Toscano.

Il Gallo Nero del Chianti
Chianti (FI e SI)

XIII secolo. Senesi e Fiorentini erano ormai stanchi di farsi battaglia così decisero che il reciproco confine sarebbe stato tracciato nel punto in cui due cavalieri delle opposte fazioni, partiti al canto del gallo, si sarebbero incontrati. I Fiorentini fecero digiunare il loro galletto e quindi nel giorno della “sfida” si mise a cantare ben prima per fame. Fu così che il cavaliere fiorentino partì molto in vantaggio sul rivale, conquistando gran parte del Chianti. In onore del pennuto affamato, ma portafortuna, fu scelto il Gallo Nero come simbolo del territorio chiantigiano.

La Testa del Frate di Santa Maria Maggiore
La Testa del Frate di Santa Maria Maggiore
Firenze (FI)

Un condannato stava andando verso la morte, e mentre passava davanti alla chiesa di Santa Maria Maggiore, Un frate si affacciò da un finestrino tondo posto sopra la porta laterale della chiesa, proprio di faccia a Via de' Conti. Il finestrino era così piccolo da far passare solo la sua testa.
Il frate esclamò verso il condannato: "Dategli da bere, 'un morirà mai"
il condannato gli rispose: "E la testa di costì tu 'un la leverai".
In effetti il frate non riusci più a togliere la testa dal finestrino e di lì a poco morì. Quando lo tolsero, misero una testa di pietra, perchè rimanesse sempre la memoria di tale fatto.


Il Ponte del Diavolo
Borgo a Mozzano (LU)

Un capo muratore aveva iniziato a costruirlo ma ben presto si accorse che non sarebbe riuscito a completare l'opera per il giorno fissato e preso dalla paura delle possibili conseguenze si rivolse al Maligno chiedendo aiuto al fine di terminare il lavoro. Il Diavolo accettò di completare il ponte in una notte in cambio dell'anima del primo passante che lo avesse attraversato. Il patto fu siglato ma il costruttore, pieno di rimorso, si confesso con un religioso della zona che lo consigliò di far attraversare il ponte per primo ad un porco. Il Diavolo fu così beffato e scomparve nelle acque del fiume.

Il ponte della Maddalena (come viene propriamente chiamato) unisce le due sponde del fiume Serchio all'altezza del paese di Borgo a Mozzano. La sua costruzione risale ai tempi della Contessa Matilde di Canossa (1046-1115), che ebbe grossa influenza e potere su questa zona della Toscana, la Garfagnana, ma il suo aspetto attuale è dovuto alla ricostruzione effettuata da Castruccio Castracani (1281-1328), condottiero e signore della vicina Lucca, nei primi anni del 1300. L'aspetto del ponte è quello medievale classico a 'schiena d'asino', con la differenza, che qui diventa caratteristica unica, che le sue arcate sono asimmetriche e quella centrale è talmente alta e ampia che la sua solidità sembra una sfida alla legge di gravità.


Il Santo che abitava in un faggio
Il Santo che abitava in un faggio
Castiglione di Garfagnana (LU)

Il viottolo era ripido, ingombro di sterpi e di ciottoli. Che fatica salire con quell'enorme sasso tra le braccia! Nandino non ne poteva proprio più. Quanto mai non aveva preso uno di quei sassetti, che si possono tenere in tasca! Va bene che era una penitenza, ma con quel caldo, con quella salita…
- Ehi, Ricuccio, ne abbiamo ancora per tanto? - chiese al cugino che gli camminava davanti.
Quella mattina, di buon'ora, era stato uno scherzo avviarsi. L'aria era fresca e gli alberi, sulle loro teste, facevano una bella ombra. A mano a mano, però, che il sole si era alzato e il caldo aveva cominciato a fiaccar le gambe, i passi erano diventati lenti, faticosi, e il peso del sasso addirittura insopportabile.
- Bè, non saprei… -, rispose Ricuccio, dopo un po’, fermandosi per riprender fiato. - Guarda un po’...
Alzarono gli occhi lungo tutta la fiancata del monte: in cima, bianco e aguzzo, spiccava il campanile della chiesa.
Era lassù che dovevano arrivare: alla Chiesa del Pellegrino. E là, finalmente, avrebbero potuto depositare la pietra trasportata per tutta l'altezza della montagna, come penitenza per i peccati commessi.
Si snodava davanti a loro una lunga fila di persone e ciascuna, donna, uomo, o fanciullo, portava la propria pietra.
- Ehi, voi, ci muoviamo? - disse qualcuno alle spalle di Ricuccio.
I due ragazzi ripresero lentamente a salire. Che bello quando, al ritorno, avrebbero potuto godersi l'ombra dei noccioli e il fresco dei prati!

Forse Nandino e Ricuccio non sapevano che quel loro pellegrinaggio si ripete da mille anni. Forse non sapevano che per mille anni, pellegrini di ogni paese si erano inerpicati per quel viottolo e per altri viottoli della «Gran Selva» con lo scopo di raggiungere la cima della montagna dove, in un faggio, appunto mille anni fa, viveva un re.
Era venuto dalla lontana Scozia, dove aveva lasciato il suo regno, il suo trono a cavallo di un delfino, aveva raggiunto l'Italia.
Dopo aver peregrinato un po’ qua e un po’ là, si era finalmente rifugiato in quella parte dell'Appennino Tosco-Emiliano.
Non aveva fissa dimora; la sua umiltà, il suo spirito di adattamento gli consentìvano di riposare ovunque si trovasse e cibarsi di cardi selvatici. Ammansiva le belve, curava gli infermi, aiutava chi era più misero di lui. E i popoli di quelle montagne, che accorrevano a lui per qualsiasi bisogno, ben presto lo santificarono, chiamandolo San Pellegrino. Il Santo ebbe dei seguaci tra cui, il più fedele, fu San Bianco.
Insieme, San Pellegrino e San Bianco proteggevano i viaggiatori, che a quell'epoca correvano pericoli di ogni sorta. Ed era gran conforto, per chi doveva muoversi da una località all'altra, sapere di poter fare affidamento sui due buoni Santi!
San Pellegrino visse così fino a cent'anni quasi. Poi improvvisamente non si seppe più nulla di lui e non se ne sentì più parlare. Poi un giorno una donnetta lo trovò morto, rinsecchito e incartapecorito, sulle falde del monte, adagiato su un giaciglio di foglie. Questa donnetta del Frignano insieme al marito, lo seppellì e, scelti due lunghi rami di faggio, i più dritti, li legò insieme per farne una croce da porre sul piccolo tumulto.
Una lunga vita svolta tutta per il bene con un amore profondo e caritatevole per il prossimo, finiva così, sotto le braccia di una croce improvvisa.


Il Caprone Diabolico di Sant'Anna
Il Caprone Diabolico di Sant'Anna
Fornovolasco (LU)

Una mattina, un uomo di Fornovolasco, andò al mercato di Massa per comprare un vitello. Mentre tornava a casa, con il vitello sulle spalle, ragionava su come era stato bravo a raggirare con l'astuzia il venditore. Ma più ragionava più il vitello cresceva ed aumentava di peso. Così decise di fermarsi alla chiesetta di Sant'Anna per riposare. L'uomo si rese conto che il vitello era diventato un grosso caprone, che era in realtà il diavolo stesso. L'animale fuggì nel bosco lasciando dietro di sè striscie di fuoco. L'uomo, terrorizzato, corse in paese e raccontò il fatto ad i suoi compaesani i quali decisero di dare la caccia al diavolo, ma non lo trovarono; però notarono che sul muro della chiesetta di Sant'Anna era apparsa un'impronta nera di animale. Provarono a mandarla via ma non ci riuscirono, essa riappariva sempre!


Il corpo mummificato di S.Zita
nella chiesa di S.Frediano a Lucca
Miracolo delle Rose e dei Fiori
di Santa Zita

Lucca (LU)

La giovane Zita, all'età di 12 anni, lasciò la sua casa e si recò in città, a Lucca, per poter trovare un lavoro. Entrò subito al servizio della famiglia Fatinelli, una famiglia molto ricca di Lucca che abitava vicino alla chiesa di San Frediano. Ogni giorno quando i signori Fatinelli avevano finito di mangiare Zita riempiva il suo grembiule dei pezzi di pane che restavano e li portava ai poveri; ma un giorno mentre scendeva le scale trovò il suo padrone che con uno sguardo molto arrabbiato le chiese cosa avesse all’interno del suo grembiule; ella non per mentire, ma per indicare come era fiorita la carità, gli disse che aveva soltanto rose e fiori. Il signor Fatinelli incredulo gli chiese di aprire il grembiule, lei lo aprì e vide che i pezzi di pane si erano trasformati veramente in rose e fiori.
Il 27 Aprile di ogni anno sulla piazza di San Frediano vengono costruiti dei veri e propri giardini ornati di fiori in ricordo del miracolo delle rose e dei fiori. La gente si reca all’interno della chiesa a visitare ed a baciare l’urna dove da 8 secoli riposa S.Zita per ricevere la benedizione.



La chiesa di S.Frediano a Lucca
La Deviazione del Serchio
Lucca (LU)

Frediano, giunto pellegrino in Italia dall'Irlanda, si stabilì come eremita nei pressi di Lucca. Egli raccolse presto attorno a sé chierici e sacerdoti con l'aiuto dei quali eresse la chiesa dei Santi Martino e Vincenzo, che oggi porta il suo nome. Eletto vescovo intorno al 560, egli compì il suo miracolo più celebre, che cementò il legame con la città: la deviazione del corso del Serchio e la conseguente bonifica della campagna lucchese. Secondo la leggenda, Frediano tracciò con un rastrello il nuovo corso del fiume, sul quale, per via prodigiosa, si incanalarono immediatamente le acque. Sarebbe morto a Lucca il 18 marzo del 588. La fama di santità di Frediano e, in particolare, il miracolo del Serchio gli valsero sin dal tardo sec. VI una venerazione molto intensa, come apprendiamo da un passo dei "Dialogi" di Gregorio Magno; nel pieno Medioevo il culto fu promosso in particolare dalle congregazioni canonicali facenti capo alla basilica a lui intitolata in Lucca. La devozione radicata nella vita religiosa lucchese è testimoniata dalle numerose chiese a lui intitolate nell'ambito dell'antica diocesi, e trova espressione nella festa celebrata in città il 18 novembre, a memoria di una traslazione del corpo nella basilica di San Frediano. San Frediano è rappresentato in abiti vescovili, spesso con l'attributo del rastrello, a ricordo dello strumento usato per deviare il corso del Serchio.

La Spada nella Roccia di San Galgano
San Galgano - Chiusdino (SI)

Nel XII secolo, presso Chiusdino, in un austero castello viveva un giovanotto di nome Galgano, della nobile famiglia dei Guidotti, i cui passatempi erano tirar di spada, cavalcare e corteggiare belle donzelle.
Si racconta che un giorno gli apparisse l'Arcangelo Michele e da allora rinunziò al mondo, e sul Monte Siepi scagliò contro una roccia la propria spada, che vi si conficcò miracolosamente. Attorno alla spada nella roccia fu eretta la chiesetta rotondaIn seguito nella sottostante valle della Merse fu costruita una grande abbazia circestense detta, in suo onore, di San Galgano, che divenne un rinomato centro di studi e di economia di tutto il territorio circostante. Nel XVI secolo, per varie ragioni, l’abbazia venne abbandonata tanto che oggi ne rimane solo uno scheletro di pietre con il cielo per tetto.


Il Dito di San Gimignano
Il Dito di San Gimignano
San Gimignano (SI)

Un chierichetto di Colle Val d'Elsa che era presente a Modena alle solenni esequie del Vescovo Gimignano, le cui spoglie furono riposte nella Cattedrale della città, vide che il Vescovo defunto aveva al dito un meraviglioso anello, e così tentò di rubarlo, sfilandolo, ma con l'anello venne via l'intero dito. Spaventato e pentito, il ragazzo fuggì da Modena, tenendosi nascosta addosso la refurtiva, o meglio la reliquia. Tornò verso la sua città, in Toscana, e si fermò nella chiesa di una località non lontana da Colle, chiedendo con la preghiera il perdono divino per il gesto compiuto. Quando volle uscire dalla chiesa, si accorse che le porte erano misteriosamente serrate. Disperato, chiese aiuto, e confessò tutta la storia. Consegnò la reliquia ai religiosi della chiesa, e soltanto allora poté riprendere più leggero la via del ritorno a casa. Il dito del Vescovo di Modena restò così in quella località, che da allora avrebbe preso il nome di San Gimignano.

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