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Corsa degli zingari
Pacentro (AQ)

Prima domenica di settembre

La parola zingaro in dialetto locale, indica "colui che cammina scalzo", e la corsa dei giovani di Pacentro va compiuta appunto a piedi nudi, lungo sentieri scoscesi. Secondo la tradizione locale la corsa sarebbe stata istituita da feudatari locali, che volevano provare la resistenza dei loro sudditi, e a quel tempo la conquista del Palio (in altre parole un panno di grandezza sufficiente a confezionare un abito) era motivazione adeguata per impegnarsi in una così dura gara. Oggi la spinta è originata dalla ricerca di un prestigio personale, oltre che dalla fede religiosa, e l'altare della chiesa dedicata alla Madonna di Loreto costituisce appunto il traguardo della gara. Verso le 17 i giovani si radurano sulla sommità di un costone religioso visibile dal centro del paese, da cui dista circa tre chilometri. Al primo rintocco della campana della chiesa si gettano a precipizio lungo un sentiero accidentato, pieno di rovi e di pietre aguzze. A circa metà del percorso il torrente Vella offre un po’ di refrigerio ai piedi dolenti e sanguinanti. Man mano che i concorrenti si avvicinano alla chiesa sale il tifo dei compaesani e aumenta anche la sofferenza dei giovani, che si accasciano, man mano che arrivano, ai piedi dell'altare distrutti dalla fatica e dal dolore. A questo punto si chiude il portone della chiesa per permettere ai soccorritori di portare un po’ di sollievo e di prestare le prime cure ai giovani zingari stremati.
Dopo qualche tempo si riapre il portone da cui escono, nell'ordine in cui sono arrivati, i concorrenti, che ricevono i meritatissimi premi e il trionfo tributatogli da amici e paesani.



Associazione Corale "Gran Sasso"
Via del Cembalo di Colantoni, 23
L'Aquila (AQ)

Corale nata nel settembre 1951 per iniziativa di Paolo Mantini che, sebbene diciottenne e in un periodo storico certamente difficile, ebbe il coraggio di dar voce all'entusiasmo di un gruppo di amici radunati intorno all'organo della Chiesa di San Silvestro. Nacque spontaneamente, così, sotto la denominazione di Coro "Gran Sasso", la prima formazione corale della città e tra le più antiche d'Abruzzo, costituita inizialmente da soli uomini per l'esecuzione del folklore abruzzese nello stile dei canti di montagna.
Durante la sua storia la corale arricchì il proprio repertorio, spaziando dai canti popolari alla musica sinfonico-corale, dai canti natalizi alla musica sacra e profana fino al gospel e agli spirituals.


* coralegransasso@tin.it
: www.coralegransasso.it




Processione dei Serpari
Cocullo (AQ)

Primo giovedì di maggio

La festa ha origini pagane ed era anticamente dedicata alla dea Angizia (il cui nome deriverebbe dal latino anguis, cioè serpente). Si narra che essa avesse dimorato in una grotta nei pressi del lago Fucino, dove praticava la magia e la medicina. Intorno all'anno mille alla figura della dea, si sovrappose quella di san Domenico abate. Dalle prime ore del mattino affluiscono nella piazza del paese giovani che reggono in mano grossi serpenti e li mostrano all'ammirazione dei presenti. La loro cattura è frutto di una tecnica tramandata di padre in figlio e viene eseguita per tempo, approfittando del fatto che con l'inizio della primavera le serpi, da poco risvegliate dal loro letargo, ancora intorpidite, cominciano a uscire sulle pietraie. Si usano vari sistemi: o calpestandone fulmineamente il capo per poi afferrarle con il pollice e l'indice o, di fronte a quelle più pericolose (e i serpari sono espertissimi nel riconoscerle), dando loro da mordere un cappellaccio di feltro che, ritirato bruscamente, strappa loro il dente che emette il veleno. I rettili sono poi posti in recipienti di coccio o di pelle di capra pieni di terra e conservati fino al giorno della festa. Verso le undici del mattino avvengono l'uscita della processione e la vestizione di san Domenico, sulla cui statua sono poste le bice che, strisciando, si attorcigliano sulla testa e sulle vesti del santo.
Mentre gruppi di zampognari si pongono alla testa del corteo, i devoti raccolgono dalla terra dal santuario (un tempo era la raschiatura del pavimento), ritenuta efficace a scacciare i bruchi e gli insetti nocivi all'agricoltura, mentre altri si alternano a suonare la campanella posta nei pressi dell'altare tirandone la fune con la bocca, nella speranza così di proteggersi dal mal di denti. Vi è poi chi si appresta a baciare la teca contenente un dente di san Domenico posto all'interno del ferro della sua stessa mula. Anche in questo caso il rituale è ritenuto avere virtù taumaturgiche sia nei confronti degli uomini, sia degli animali. La popolazione nel frattempo intona canti in lode del santo montanaro che sapeva ammansire i lupi e vincere il morso dei serpenti. Le ragazze seguono la processione portando sul capo delle ceste guarnite di belle trine e contenenti i pani benedetti e le insegne sacre. Alcuni portano attorcigliati intorno al collo bisce e serpenti e li offrono a chi voglia provare il brivido di toccarli in mano. Al termine della festa saranno liberati fra le campagne circostanti.



Presepe vivente
Rivisondoli (AQ)

5-6 gennaio

L'idea di realizzare questo presepe si è concretata al termine del secondo conflitto mondiale per il desiderio di ricordare le vittime dell'eccidio di Pietransieri. Fu proprio una delle sopravvissute alla strage operata dai nazisti a impersonare la prima Madonna che nella grotta vegliava il piccolo Gesù.
Oggi la parte del bambinello è affidata all'ultimo nato del paese, mentre il ruolo di Maria è interpretato da una ragazza scelta con un apposito concorso.
Le favorevoli circostanze ambientali, spesso adeguatamente innevate, forniscono un suggestivo sfondo dove paesani e turisti si prestano a interpretare i ruoli di pastori e contadini, Angeli, Magi e artigiani. Il centro storico del paese assume l'aspetto di un antico quartiere di betlemme, cui si affianca un accampamento di soldati romani. La capanna è sistemata sul fianco di un colle. Il risultato è imponente, ricco di luci e suoni, in un'atmosfera di sereno raccoglimento che suscita sincera e partecipe commozione. Una pioggia di stelle fatta di fuochi artificiali cade dal cielo, dappertutto compaiono fiammelle e lumini, mentre un festoso scampanio annuncia la nascita del Redentore.



La Madonna che Scappa in Piazza
Sulmona (AQ)

Domenica di Pasqua

Si tratta di una rappresentazione di grande intensità oggi interpretata da statue. Anticamente era recitata da personaggi viventi. Il Cristo risorto attende sotto l'acquedotto medievale; l'apostolo Giovanni va ad annunciare la resurrezione alla Vergine. Infine la Madonna raggiunge il Figlio accompagnata da una marcia trionfale.


Processione del Venerdì Santo
Chieti (CH)

Venerdì santo

Si tratta della più solenne e sontuosa processione che si tenga in Abruzzo in questo periodo ed è anche quella che documenta con impressionante evidenza la formalizzazione cerimoniale del dolore tipica della scenografia barocca. La si fa risalire alla metà del XVII secolo, quando si svolse una processione-pellegrinaggio a Roma in occasione di una pestilenza. E' gestita dalla confraternita del Monte dei Morti e tutti i fratelli indossano una tunica nera, mantella grigia e un cappuccio che copre il capo in segno di penitenza.
Inoltre reggono antichi lampioni argentei, croci medievali, labari. Il corteo si muove fra i suggestivi scorci del centro storico illuminato da fiaccole poggiate su treppiedi di ferro, altre torce sono tenute accese sulle finestre e sui balconi. I portatori delle statue avanzano con passo cadenzato (detto struscio) e ritmato dal lugubre battere della troccola, uno strumento di legno che sostituisce il suono delle campane.
Di particolare pregio sono la statua dell'Addolorata, che indossa un abito di seta nera ricamata con fili d'oro, e la bara di Cristo morto, ricoperta di un prezioso velo trapunto di gioielli.
Compongono la processione altri sette gruppi scultorei, ognuno dei quali anticamente era portato a spalle da una categoria di lavoratori; essi rappresentano i simboli della Passione: la Colonna, il Volto Santo, la Scala, la Croce, il Sasso, le Lance e l'Angelo.
Nel frattempo la Schola cantorum, accompagnata da un'orchestra d'archi, esegue la marcia funebre del compositore chietino Francesco Saverio Selecchj. Per tradizione le mamme espongono al passaggio della processione i bambini che non hanno ancora compiuto un anno e che vivono la loro prima Pasqua.






Le Farchie
Fara Filirum Petri (CH)

16 gennaio

Il toponimo della cittadina riflette la voce di origine longobarda che significa "insediamento militare", mentre l'appendice latina Filiorum Petri (dei figli di Pietro) è certamente la più recente. Le farchie sono monumentali fasci di canne secche con una circonferenza di oltre un metro che possono superare i dieci metri d'altezza. Sono dodici, come le contrade del paese, e sono decorate con festoni e petardi. La sera della vigilia della festa di Sant'Antonio abate sono fatte sfilare davanti alla chiesa a lui dedicata, dove viene acceso il fuoco in memoria di un evento che ha radici storiche, ma è notevolmente trasfigurato dalla fantasia popolare. Si narra infatti che la notte del 16 gennaio 1799, all'arrivo dell'esercito francese, il bosco che circonda il paese abbia preso fuoco impedendo l'avanzare degli armati, il miracolo fu attribuito all'intervento di Sant'Antonio che così salvò il territorio da un eccidio come quello che fu poi perpetrato a Guardiagrele. Alla cerimonia partecipano soprattutto i giovani che lavorano per molte settimane alla realizzazione delle farchie. Mentre bruciano le fascine suonano gli organetti e un cantastorie narra alla popolazione la vita del santo assediato dalle continue tentazioni operate contro di lui da Satana. Al termine le case si aprono per ospitare i visitatori, cui sono offerti dolci e buoni vini.


Festa dei Talami
Orsogna (CH)

Martedì dopo Pasqua

I talami sono palchi su cui vengono allestite scene viventi interpretate dai bambini e ragazzi in costume, i quali tuttavia rimangono immobili come statue di alabastro. Si tratta in genere di quadri biblici con temi che variano d'anno in anno e ogni talamo reca alla sommità una bimba che impersona la Madonna. La loro funzione originaria era propiziatoria per la fecondità dei campi. Un tempo erano portati a braccia in giro per il paese, ma oggi sono trainati da trattori. Sono in tutto sei e partono da un diverso quartiere della cittadina, dove sono realizzati in onore della Madonna nera (detta anche "del rifugio"), cui la devozione popolare attribuisce numerosi eventi miracolosi. La sua statua, si dice, era infatti in grado di mutare il colore del volto e di roteare gli occhi. Da qualche anno la festa si ripete anche il giorno di Ferragosto in un'edizione notturna particolarmente emozionante.


Festa di San Zopito
Loreto Aprutino (PE)

Lunedì dopo Pentecoste

In questo giorno Loreto è teatro di una singolare processione che ha come protagonista un bue bianco addobbato con molta cura: dalle corna gli pendono nastri e fiocchi di mille colori, specchietti lucenti e ninnoli, il dorso è ricoperto da una gualdrappa rossa e perfino gli zoccoli sono lucidati. E' preceduto da un gruppo di zampognari e sulla sua groppa cavalca un bimbo vestito di bianco che tiene in mano un ombrellino, un garofano in bocca e delle ali sulla schiena. Il bimbo raffigura san Zopito, che secondo la tradizione sarebbe stato martirizzato quand'era un giovinetto, ma la cui esistenza non ha alcun fondamento storico. Il suo nome deriverebbe, infatti, dall'iscrizione tombale che riportava: Sopitus in Domine (addormentato nel Signore), ma che la popolazione lesse come Zopito. Al termine della processione il bue venne fatto inginocchiare davanti alla chiesa e poi è condotto davanti alle case delle persone più in vista dove, a ogni sosta, il bambino riceve piccoli doni.
L'usanza avrebbe preso le mosse da un avvenimento del 1711, si racconta infatti che, mentre stava giungendo in paese il corteo che portava le reliquie del santo, un contadino non abbia smesso la sua attività in segno di rispetto.
Al contrario il suo bue s'inginocchiò al passaggio della processione e la famiglia allora lo donò alla festa, in segno di devozione.
Se, come talvolta succede, davanti alla chiesa il bue evacua, dalla quantità e consistenza degli escrementi si traggono auspici per l'annata agraria.



Festa dei Bandaresi
Bucchianico (CH)

Dalla domenica precedente il 24 maggio al 27 maggio

La festa rievoca un avvenimento del 1380 quando, durante il conflitto tra Svevi e Angioini, Chieti dichiarò guerra a Bucchianico. La battaglia si risolse grazie a uno stratagemma, infatti un bucchianese, ispirato in sogno da sant'Ubaldo (le cui reliquie erano conservate nella chiesa del paese), radunò tutti gli uomini atti a combattere e li fece sfilare fieramente per nove volte lungo il fianco della collina, visibile a Chieti.
I teatini credettero le forze dell'esercito nemico molto più numerose della realtà e si ritirarono. Da allora si rievoca questo avvenimento con una grande grande festa dal rituale molto complesso. La domenica precedente il 24 maggio le donne sfilano recando in testa enormi canestri addobbati di fiori e nastri, dentro i quali sono riposti cibi di ogni tipo, e sono poi accolte dalla castellana. Ciò ricorda la vigilia della battaglia, quando le donne raggiunsero il paese assediato portando i rifornimenti. I giostratori muovono le due insegne, una rossa e una azzurra (i colori della città), evitando attentamente di farle cadere perché ciò sarebbe di cattivo augurio. Alla testa del corteo si pone il bandarese (il contadino accorso a combattere) che sul vestito indossa a bandoliera una striscia di panno e porta un cappello ornato da un lungo piumaggio. Questi è anche colui che organizza la manifestazione. Ogni contrada conduce un carro riccamente adornato che svolge uno dei seguenti temi: il pane, il vino, la legna, il letto. Il giorno seguente si svolge la fase centrale della manifestazione, la ciammaichella, un tipo singolare di passo e movimento a spirale al suono di tamburi che ricorda quello dell'assedio. Sfilano i bandaresi che, con passo marcato sfilano intorno alla piazza per nove volte. Il giorno seguente si festeggia la vittoria, il sargentiere (cioè il capo degli armati, colui che ebbe la visione in sogno che salvò la città) riceve la spada dalle mani del sindaco che lo proclama così comandante militare. Avvenuta la consegna, un corteo composto di carri percorre il paese e poi la festa si chiude con balli e sventolio di bandiere.


: www.festadeibanderesi.it

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