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SAGRE & TRADIZIONI
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BOSA
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OR
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Carnevale di Bosa
Bosa (OR)
17 gennaio e carnevale
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A parte l'inaugurazione che avviene il giorno di sant'Antonio (17 gennaio) con una sfilata di cavalli, il carnevale bosano si struttura in tre fasi: il laldaggiolu, l'attitidu e il gioldzi. Il laldaggiolu inizia la settimana che precede il giovedì grasso con gruppi di musicisti e maschere che vanno in giro di casa in casa a eseguire canti satirici su temi di cronaca locale che spesso mettono alla berlina gli amministratori. Si visitano soprattutto le abitazioni dei compaesani più abbienti e autorevoli, che in genere accettano con fair play le frecciate canore e anzi offrono in cambio salsicce, vino, pani, caci e dolci che poi saranno consumati in una serata conviviale al termine della questua. Il martedì grasso è la volta dei gruppi in maschera che propongono in chiave ironica lamenti funebri (appunto gli attitidu) improvvisati sul momento. Le maschere (in genere uomini) impersonano le lamentatrici funebri, indossano una lunga gonna arricciata in vita, corsetto e scialle neri, hanno il viso coperto da un velo dello stesso colore con dei fori per gli occhi. Portano in mano una bambola di stracci o un animaletto: cani, gatti, maialini, agnelli o perfino una rapa fasciata come un neonato. Il tono dei canti è spesso scurrile e allusivo e consiste per lo più in una richiesta rivolta alle donne perché vogliano allattare la bambola. La melodia è monotona e insistente al punto da indurre gli ascoltatori a offrire vino e bevande per far cessare i lamenti. Al tramonto la scena muta, vengono cambiati i costumi e sopraggiunge il momento più vivace: quello dei gioldzi. Per buona parte della notte le vie sono percorse da persone che indossano un lungo lenzuolo bianco e sul viso dipinto di nero portano una federa bucata. In mano tengono un lampioncino con il quale cercano altri gioldzi e la caccia coinvolge tutti. La ricerca è invariabilmente indirizzata verso gli organi sessuali: infatti il carnevale che muore cerca di ripararsi là dove è situata la fronte della vita. Tutti gridano:"Gioldzi! Gioldzi! Ciappadu l'appu!" (l'ho preso!). La malvasia scorre a fiumi e il divertimento è senza freni, si mangiano fave con il lardo e altre specialità locali. Nell'occasione è ancora possibile ascoltare un antico strumento musicale chiamato sa serragia. Si tratta di uno strumento ad arco formato da una canna alla cui estremità è fissata una corda poggiante su una vescica di maiale fungente da cassa di risonanza e che viene suonato con un archetto.
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