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Il Passo dell'Abbadessa
Ozzano dell'Emilia (BO)

Intorno all'anno 1110 esisteva, a poca distanza dal Passo dell'Abbadessa, un breve passo alto appena 200 metri, ma suggestivo per visioni alpestri, burroni e paurose gole, il Monastero di Settefonti.
In questo eremo, assieme ad altre religiose, viveva Lucia, bellissima nobildonna bolognese, appartenente alla famiglia Clari. Lucia si era votata a Dio, e trascorreva i suoi giorni pregando. Non chiedeva altro che di vivere nella luce divina.
Ma un giorno passò di lì un giovane cavaliere mandato a presidiare, con un manipolo di soldati, un ponte presso Ozzano. Vista Lucia intenta a pregare, il cavaliere se ne innamorò. Da allora egli ogni giorno tornava fin lassù per rivederla. Né freddo, né pioggia, né bufere di neve arrestavano il giovane. D'inverno il ghiaccio rendeva pericoloso il cammino, lungo il Passo dell'Abbadessa; tuttavia, puntualmente, ogni mattina, il cavaliere raggiungeva la chiesa, solo per vedere Lucia pregare.
Turbata e sconvolta da tanta insistenza, la suora si ammalò. Per due mesi rimase chiusa nella sua cella. Quando in primavera finalmente si alzò e per la prima volta ridiscese in chiesa, il nobile cavaliere era lì ad attenderla, puntuale e costante.
Allora lo fece chiamare e gli parlò:
- Ho fatto voto a Dio della mia vita e mai potrò essere vostra moglie - gli disse. - Perché continuate a venire quassù?
Il mio pensiero troppo spesso è rivolto a voi, mi fate vivere nel peccato e nel rimorso. Se non ve ne andrete per sempre, sarò costretta a rinchiudermi in cella, finchè morrò. Partite; andate più lontano che potete. Prendete la croce e andate a combattere dove è sepolto Colui che per noi tutti soffrì e morì. Io pregherò per voi.
Il cavaliere che le voleva veramente bene, ubbidì. Partì per la Crociata, combattè in Terra Santa contro i Munsulmani, finchè, ferito gravemente, fu preso, incatenato e chiuso in un oscuro carcere.
Due anni durò la prigionia. Una notte, egli ebbe una meravigliosa visione. La cella s'illuminò a giorno e Lucia gli apparve tutta avvolta in una nuvola risplendente.
- Sono due anni che ci siamo lasciati, - disse. - Io sono morta, subito dopo la vostra partenza, ossessionata dal rimorso di avervi spinto sul campo di battaglia. Ma ora, dal Paradiso dei Beati, dove mi è stato concesso di salire, ho tanto pregato il Signore, perché la vostra schiavitù avesse finalmente termine. Domattina vi sveglierete presso il Monastero di Settefonti. Lì è la mia tomba: deponetevi sopra le vostre catene e vivete in pace la vostra vita.
Detto ciò scomparve. Il cavaliere fu subito colto da un profondissimo sonno e si sentì come trasportare in alto, in alto…
Quando si svegliò, si trovò per davvero al Passo dell'Abbadessa, presso il Monastero, libero e lontano dall'orribile carcere. Entrò allora nella chiesetta, si inginocchiò sulla tomba di Lucia e rimase a lungo così, a pregare. Quindi si alzò, uscì e da quel momento nessuno seppe più nulla di lui.
Anni e anni passarono; secoli, addirittura! E fu Gregorio XIII che il 7 novembre 1573 fece trasportare il corpo della Beata Lucia nella chiesetta di Sant'Andrea d'Ozzano, dove ancora si trova, con le catene del cavaliere appese all'altare.
Il Monastero di Settefonti, il castello di Ozzano dove viveva il cavaliere in presidio, e la chiesina dove Lucia pregava sono del tutto scomparsi.
Rimangono solo delle polle d'acqua. Si dice che Lucia vi si recasse a rinfrescarsi gli occhi che le bruciavano per il gran piangere. E i fedeli usano, ora, fare altrettanto, durante le loro passeggiate al Passo, con la convinzione, forse, di preservare gli occhi da ogni malattia.


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