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La Madonna di Senales
La Madonna di Senales
Val Senales (BZ)

Chiusa fra monti, questa nostra terra atesina, sempre c'incanta con la bellezza dei suoi paesaggi e ci parla al cuore con la voce della sua anima austera, profondamente religiosa.
Ecco: là presso un crocicchio ci attende un ligneo crocifisso, qua una bianca cappellina sorride tra il verde, più in alto, nel regno della solitudine e del silenzio, forse, un vetusto santuario c'invita alla meditazione e alla preghiera.
E, spesso, una pia leggenda è fiorita attorno a quel crocifisso, a quella cappellina, a quel santuario e ci narra di fatti miracolosi, di apparizioni, di ritrovamenti di sante reliquie. E nel dolce rievocare, fatti e cose ci appaiono soffusi di pura e commossa poesia.
Anche il Santuario della Madonna di Senales ha la sua leggenda. Ascoltate.
Ci fu un tempo in cui, uomini di fede ardente lasciavano la loro casa, la loro famiglia, affrontavano disagi di ogni genere per recarsi a visitare i Luoghi Santi.
Vestivano il rozzo sanrocchino ed avevano per unico compagno di viaggio il fido borbone. Lungo e faticoso era il loro cammino, malfide le strade, ma grande e ferma la virtù che li guidava. Si dissetavano alle fonti come gli uccelli del buon Dio ed in Suo nome elemosinavano il poco pane di cui sostentarsi lungo la via. Ogni breve ed angusto riparo serviva per la notte. Molti di essi venivano dai lontani paesi del nord ed andavano a Roma per toccare e baciare quella terra che il copioso sangue dei Martiri aveva santificato. Erano i «romei».
Un giorno, due di codesti pellegrini giunsero in Val Senales. La valle è remota, chiusa fra cupe selve e montagne impervie scintillanti di ghiacci, di nevi; (come e perché fossero giunti fin lassù non è detto nella leggenda).
Dopo aver camminato a lungo fra bosci, rocce e dirupi, giunsero su di un'altura, dove si apriva una grotta.
Qui essi sostarono in preghiera, ringraziando il Signore di aver loro provveduto un rifugio per la notte che stava per sopravvenire.
Inginocchiati sulla nuda terra, i due pellegrini pregavano e al loro mistico fervore la natura tutta univa la sua preghiera fatta di mille voci, di infiniti sussurri, di imponderabili palpiti.
D'un tratto, uno dei due, forse il più giovane, alzò il capo: era ormai buio. Improvvisamente una luce vivida, intensa si accese e brillò nel bosco vicino. Che poteva significare quel chiarore nella notte?
Subito dopo anche l'altro pellegrino alzò il capo e guardò muto la luce misteriosa che sembrava ammiccare di lontano. Si alzarono i due uomini e, attirati da una forza irresistibile, mossero verso il luogo dove brillava il misterioso chiarore. Che videro?
A terra, sull'erba, stava, come dimenticata da qualcuno, una graziosa tavoletta di legno, finemente intagliata, raffigurante la Madonna e Gesù Bambino seduti sul tronco d'un albero. «Com'è bella!» esclamarono ad una voce i due pellegrini, «e come splende!» E le loro mani tremavano di commozione nel toccarla ed i loro occhi brillavano di gioia nel contemplare le divine sembianze del Bambinello Gesù e della sua Mamma Celeste. Felici, i due pellegrini corsero al maso più vicino a dare la notizia dello straordinario rinvenimento.
La lieta novella riempì di gioia quella gente di fede, semplice e buona. Subito vecchi e giovani accorsero sul luogo e videro il piccolo quadro che, nella notte, aveva lanciato il luminoso appello. Commossi s'inginocchiarono pregando, poi, al lume delle torce, la sacra Immagine fu portata in casa e collocata nella «Stube», al posto d'onore, là sotto il grande crocifisso.
Ma il mattino seguente la contadina, che per prima entrò nella «Stube», ebbe la dolorosa sorpresa di non ritrovare più, fra i fiori e le candele, la piccola tavoletta Sparita.
Fu rinvenuta più tardi nel bosco, nel luogo stesso dove era stata trovata la prima volta.
Il fatto, davvero straordinario, si ripetè ancora, ogni qualvolta quella buona gente tentò di portare in casa la sacra Immagine.
Capirono, allora, gli ingenui e semplici montanari, che altro e diverso doveva essere il volere del Cielo e di unanime accordo, decisero di costruire in valle, in luogo accessibile a tutti, una chiesetta ove collocare degnamente la tavoletta prodigiosa. Detto fatto.
Si misero all'opera; chi trasportava pietre, chi abbatteva alberi, chi lavorava d'ascia e d'accetta a preparare travi e tavole. Ma, dopo qualche tempo, il lavoro iniziato con tanto alacre entusiasmo, sembrò doversi arenare causa i continui infortuni ed incidenti che colpivano i lavoratori.
Muratori cadevano dalle impalcature, carpentieri si ferivano ed una sfiducia greve ed opaca demoliva, a poco a poco, la volontà e l'entusiasmo degli uomini. Sconsolati, i buoni montanari guardavano quei muri lasciati a mezzo, quelle cataste di tronchi odorosi di resina che, forse invano, attendevano la mano dell'uomo.
Tutto sarebbe rimasto, dunque cosi? Non vollero credere gli uomini, forti, avezzi alle prove e agli ostacoli più duri. Forse … E guardarono in alto. Storni di uccelli si abbassarono, raccoglievano col becco qualche trucciolo e sfrecciavano via, verso l'altura di fronte, Andavano e venivano, lievi, instancabili, tracciando nell'aria un ponte di voli e di trilli, sopra il colle e la valle.
Credette la gente di buona volontà, di vedere in quei voli un segno del Cielo e, docile, iniziò là, su quel colle, la costruzione di una nuova chiesetta.
Sorse così, dove oggi si trova, il Santuario della Madonna di Senales, a 1508 metri sul livello del mare.
I fedeli montanari non dimenticarono e, per rievocare più fedelmente il miracoloso rinvenimento, ogni anno la venerata Immagine viene portata in processione da giovani del luogo vestiti da pellegrini


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