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Le campanelle di pasqua
Le campanelle di pasqua
valli altoatesine (BZ)

Finalmente l'uggioso Inverno se ne andò. Un bel mattino, come d'incanto la Primavera s'affacciò alle porte del mondo. Era attesa, chè le gemme degli alberi e delle siepi non aspettavano che il suo magico tocco per aprirsi e la terra, gonfia di succhi e di umori, non desiderava che un suo cenno per ornarsi di erbe e di fiori.
«Era tempo» - disse tra sé l'accorto contadino che per lunghi, lunghissimi giorni era stato a spiare il cielo, e, impaziente trasse fuori gli attrezzi del suo lavoro.
«Era tempo» - esclamò la massaia, sollevando fiduciosa gli occhi verso l'azzurro e, tutta allegra, prese a sciorinare all'aria il primo grande bucato di stagione.«Era tempo, era tempo» - trillarono i bimbi in coro, uscendo dalle case tetre e buie, e corsero, vispi come uccellini, a cercare la prima carezza del sole primaverile.
Dalle aie ripose il festoso coccodè delle galline, alternato all'altisonante chicchirichì dei galli. «C'è qualcosa di nuovo sulla terra - disse un giorno San Pietro, guardando giù sul mondo dal suo alto trono sospeso fra le nubi - vedo, vedo…».
La terra rinverdisce, le rondini sfrecciano nell'azzurro e l'aria è piena di gridi, di voci festose di bimbi.
Primavera è tornata; dopo il lungo sonno invernale la terra si sveglia, rinasce alla vita.
Sorrise il santo Vecchio e «Pasqua è ormai vicina - annunciò con voce esulante - alleluja, alleluja!».
«Angeli del Cielo, udite, venite!..».
La voce possente volò, si sparse sotto le volte della celeste dimora. Gli angeli erano tutti al lavoro, chè molto c'è da fare nel regno del Signore. Chi stava lucidando le stelle del firmamento, perché più chiare, più lucenti splendessero nella notte, dando gloria a Dio e gioia agli uomini; chi sprimacciava le bianche nuvolette perché più soffici, più leggere corressero per il cielo ad abbellire le albe e i tramonti, a far sognare mondi meravigliosi ai malati immobili nei bianchi lettini degli ospedali, ai bimbi poveri che giocano nei vicoli stretti e scuri…
Altri, molti altri, fedeli messaggeri tra la terra e il Cielo, partivano, arrivavano, silenziosi, belli, luminosi, a volte lieti, a volte tristi, s'inginocchiavano ai piedi del Signore, pregavano, talvolta piangevano.
Udirono, gli angeli, la gran voce.«E' Pietro che chiama» - dissero - guardandosi l'un l'altro. E chi lucidava le stelle smise di lucidare e chi sprimacciava le nuvolette smise di sprimacciare e tutti accorsero solleciti all'appello di Pietro.
Il Gran Vegliardo era là, ritto con il viso radioso entro la lunga barba argentea. «Miei cari, piccoli angeli, fedeli servitori - egli disse - ho una meravigliosa nuova da darvi. Ascoltate». Gli angeli gli si fecero accosto riverenti, mentre nelle loro ali passava un fremito leggero.
E' vicina la Pasqua del Signore. Sia gloria a Colui che risorge e gioia e letizia siano in cielo e in terra!».
«In quel giorno solenne si sciolgano tutte le campane del Paradiso e il loro "Gloria" si spanda per le infinite vie del Cielo e scenda sulla terra, messaggio di amore e di speranza agli uomini. Preparate le campane per il gran giorno, che esse brillino pulite e terse, come oro, al sole! E saldi siano i battagli e resistenti le funi, perché abbiano a reggere validamente al festoso scampanio. E siate prudenti - soggiunse il Santo - prudenti affinchè non vi accada che una fune, per il gran tirare si spezzi, o che una campana si stacchi dal suo aereo castello e vada a cadere, chissà dove, sulla terra».
Gli angeli accolsero in silenzio i saggi ammonimenti del Vecchio, che subito riprese: «Andate, creature fedeli, e fate come ora avete appreso. Gloria al Signore!».
Gli angeli si misero al lavoro di lena e dopo breve tempo le campane erano là, issate sui loro alti castelli, lucide e scintillanti come non lo erano mai state prima di allora.
E venne il giorno tanto atteso.
L'annunciò il sole, alto, raggiante sopra i monti e un brivido di gioia sfiorò la terra. L'erbe nei prati si rizzarono sugli steli sottili e i biancospini si ornarono di mille e mille candide stelline. Giù nella valle i mandorli in fiore coprirono il bruno della terra con la nuvola bianco-rosata delle loro corolle.
Un fremente inno di giubilo, di osanna si levò dalla terra, raggiunse, toccò la volta celeste. Gli angeli corsero alle campane, toccarono con mano leggera le funi, poi, tutti all'unisono, via: din, dan, don, din, dan, don…
Era un crescendo continuo, possente; l'onda sonora saliva, si dilatava, sorvolando la terra fino ai più lontani orizzonti. Din, dan, don, din, don, dan…
Ma d'un tratto che avvenne? Le campane, come impazzite, presero ad oscillare paurosamente nell'aria, più forte, sempre più forte. Non s'avvidero, gli angeli, tutti presi com'erano da quel magico, splendido gioco, che le funi non reggevano, non potevano reggere oltre?
Trac, trac, trac… Mio Dio! Una campana si stacca improvvisamente dalla volta, un'altra la segue e un'altra ancora, precipitano, scompaiono entro la massa candida delle nubi. Chi le vede più? «Maria, aiutaci» invocano gli angeli con il pianto e l'angoscia nella voce «aiutaci!» e cadono in ginocchio coprendosi il volto con le mani.
E Maria, la Mamma buona, stende pietosa la mano sulla terra: nessuno dovrà piangere per le campane cadute dal Cielo, nessuno dovrà piangere nel santo giorno di Pasqua.
Sostenute dalle ali possenti del vento, le campagne si posarono dolcemente sulla terra senza recar danno a nessuno. Miracolo! E dove esse si posarono, spuntarono dal suolo tante e tante leggiadre campanule dalla delicata corolla di un bel viola argentato.
Le farfalle, per prime, scoprirono i fiori del miracolo e diedero loro il benvenuto in una festa di voli, di danze gioiose mentre le api, accorse da lontano, riempivano l'aria mattinale del loro festoso ronzio.
Spiccavano fra l'erbetta tenera e lucida del prato, le argentee campanule, sparse qua e là, solitarie o a piccoli cespi. Ne erano sbocciate un po’ dappertutto: sui declivi solatii, lungo i sentieri, e, perfino, fra le povere, aride zolle prigioniere della roccia nuda e grigia.
Come al solito, quel giorno, alcuni pastorelli uscirono per condurre al pascolo il gregge. Le pecore belavano di contentezza e gli agnellini, nati da poco, zampettavano ancora malsicuri accanto alle madri.
Il mattino era sereno e il cielo così azzurro, così terso!
Le pecore si sparsero per il prato e i pastorelli si sedettero al margine del sentiero. Solo il più piccolo di essi, che portava in braccio un agnellino tenero e bianco, seguì il gregge. D'un tratto vide che tra l'erba qualcosa di nuovo: no, un fiore come quello non l'aveva mai visto prima d'allora, no, davvero! E com'era bello! Sembrava proprio una campanellina d'argento. Il fanciullo chiamò, felice, i compagni: «Venite a vedere le belle campanelline!» ed ai compagni indicò le piccole campanule occhieggianti tra il verde. Sono le «campanelle di Pasqua» sono i fiori del Signore, e subito ne colse un mazzolino da offrire alla mamma.
E ancor oggi, quando la primavera si apre, tornano a far capolino tra il verde, lungo i pendii dei nostri monti, le «campanelle di Pasqua». Dondolano tremule al sole le argentee corolle, fra voli di farfalle e ronzii d'api: sono gli anemoni.


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