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Carnevale di Foiano
Foiano della Chiana (AR)

Le 3 domeniche prima del martedì grasso e la domenica successiva

A Foiano il carnevale non è un appuntamento qualsiasi è un evento che si costruisce tutto l'anno, che si vive ogni giorno, quasi come succede ai senesi con il loro amatissimo Palio. Il Carnevale di Foiano è il più antico carnevale d'italia, nato nella ridente cittadina della Valdichiana nel 1539. Esiste infatti una rivalità accesa fra i gruppi storici che realizzano il Carnevale di Foiano. Una tradizione, quella dei cantieri in lotta, che nasce in tempi più recenti, quando l'amministrazionefascista creò nella cittadinai quattro rioni che ancora oggi si battono per ottenere la vittoria.

: www.carnevaledifoiano.it

Carnevale di Putignano
Putignano (BA)

Dal 26 dicembre al martedì grasso.

Vanta ben due primati: è il carnevale dei più antichi e sicuramente il più lungo del Mondo.
Uno dei più antichi perché alcuni studiosi lo fanno risalire al 26 Dicembre del 1394 ed il più lungo in quanto finisce il martedì grasso come tutti gli altri carnevali, ma comincia addirittura il 26 dicembre con la pluricentenaria tradizione della Propaggine.


: www.carnevalediputignano.com


Il Rogo della Vecchia
Sfilata di Mezza Quaresima e Rogo della Vecchia
Bergamo (BG)

Terza domenica di Quaresima

Nel pomeriggio sfila nel "sentierone" (la via principale di Bergamo bassa) un corteo di maschere, carri allegorici e gruppi folkloristici. La sera poi compare la "vecchia", scarnificata personificazione della Quaresima, che viene simbolicamente segata. Musiche e danze s'intrecciano intorno al falò, sul quale sarà poi bruciato il fantoccio, che tiene legato al collo un cartello dove ogni anno si raffigurano le brutture della città.
Bande di firlinfö (flauti di Pan) in costumi garibaldini, orchestrine e solisti di vari strumenti accompagnano gruppi di danzatori in abiti tradizionali, mentre non mancano le maschere di Arlecchino e del trigozzuto Gioppino che molti ritengono siano nate qui, anche se sui natali del primo veneziani e francesi avanzavano pretese.



Carnevale di Sappada
Sappada (BL)

Carnevale

Sappada è un'isola etnica situata tra le splendide montagne bellunesi dove parlano un dialetto tedesco. Qui il rituale prevede festeggiamenti a cadenza domenicale. La prima domenica è dedicata ai poveri (pettlar suntag) e i travestimenti ricordano la fascia sociale più disagiata. Le maschere mimano le quotidiane occupazioni e le misere astuzie che i poveri sono costretti a inventare per sopravvivere. Entrano nelle case per mendicare piccoli doni in cibo, ricordando a tutti quanto sia più facile vivere da benestanti.
La seconda domenica (paurn suntag) è dedicata a un'allegra rappresentazione del mondo contadino, le maschere portano falci, rastrelli e cumuli di fieno e imitano i tipici lavori dei campi.
Le donne che compongono il gruppo distribuiscono saporite frittelle agli spettatori.
Giovedì grasso sfilano allegri e fantasiosi carri allegorici. La domenica di carnevale è dedicata ai signori (hearn suntag), e qui le maschere sono più raffinate e sfoggiano costumi di notevole bellezza. Lunedì è in buona misura dedicato ad allegre scorpacciate e copiose bevute, mentre martedì è la volta di una cosmica gara sugli sci denominata no club. Il rollate è il protagonista assoluto del carnevale, è un personaggio austero che incute timore: alto e possente, vestito di un pellicciotto con cappuccino, porta pantaloni a righe di robusta tela e pesanti scarponi ferrati. Si copre il volto con una maschera di legno che ha i lineamenti duri del montanaro, e intorno al collo si lega un fazzoletto bianco (se celibe) o rosso (se sposato). In mano tiene una scopa che può essere usata in modo scherzoso o minaccioso, in vita sono legate le rollen (da cui gli deriva il nome): sfere di bronzo contenenti biglie che ne annunciano il rumoroso arrivo.
Essi procedono a coppie e si muovono con cadenze sincrone per far risuonare i sonagli. I travestimenti sappadini consentono di mantenere un perfetto anonimato perché anche la voce viene contraffatta dal rimbombo interno della maschera di legno e ciò permette una completa libertà nell'effettuare gli scherzi ai danni dei presenti. Per questa caratteristica il carnevale sappadino assume un aspetto "teatrale", in quanto consente un vivace protagonismo espressivo.



Carnevale bagosso
Bagolino (BS)

Per carnevale

Probabilmente il più bello fra i carnevali lombardi tradizionali si svolge in Val Caffaro, dove gli abitanti di un piccolo paese, Bagolino, e quelli della frazione Ponte Caffaro, danno vita a una straordinaria serie di festeggiamenti che vedono il loro momento di maggiore interesse nelle danze e nelle musiche eseguite lunedì e martedì grasso nelle vie del paese.
Esse costituiscono un fenomeno unico in Italia per complessità e bellezza. Le compagnie di Bagolino e di Ponte Caffaro sono formate ciascuna da una quarantina di ballerini, per tradizione rigorosamente maschi (ma i pomelli rossi sulle gote di alcune maschere indicano il personaggio "femminile"). I ballerini indossano calzoni neri che giungono al ginocchio, calze bianche lavorate a mano, così come bianchi sono i guanti di filo, giacca nera con spalline bianche a frange e varie decorazioni. Portano sulle spalle uno scialle a colori vivaci e una larga tracolla di seta ricamata.
Dai polsi risalgono ricami di passamaneria bianca e rossa. Hanno il volto coperto da una maschera in garza dipinta di bianco e sul capo portano un cappello di feltro a cupola bassa ricoperto di spighetta di lana rossa e ornato di fiocchi di sete multicolori e con i più bei gioielli di famiglia. La piccola orchestra che accompagna i ballerini è costituita da due violini, due chitarre e un contrabbasso, detto scherzosamente vedel (vitello). I ballerini attraversano le contrade del paese e si fermano davanti alle case dove eseguono i loro balli con eleganza e compostezza, con movenze che richiamano alla mente antiche cerimonie di corte. La complessità della coreografia richiede la presenza di un capo ballerino che suggerisce di volta in volta la successione di figurazioni, scambi, intrecci. I balli possono essere richiesti e prenotati sotto il proprio portone con un'offerta in denaro, ma esistono anche balli di dileggio che possono essere ordinati e inviati ai destinatari. Accanto all'attività dei ballerini si svolge intanto il carnevale sfrenato e licenzioso dei màscar, che indossano i vecchi costumi tradizionali da lavoro maschili e femminili e pesanti zoccoli di legno. Queste maschere compiono approcci scherzosi, ma spesso espliciti nel loro carattere sessuale, nei confronti degli spettatori accompagnandoli con un caratteristico urlo.



Carnevale dei "Belli" e dei "Brutti"
Schignano (CO)

Carnevale

Qui il carnevale si caratterizza per le splendide maschere lignee e per una curiosa differenziazione fra i due tipi di travestimento prevalenti: i "belli" e "brutti". I primi indossano raffinati costumi composti di pantaloni alla zuava a motivi floreali, la parte superiore del corpo è rivestita da una sacca ripiena di foglie di faggio e ricoperta di pizzi e scialletti.
Il cappello è ornato di fiori di carta e tessuto (ma anche di plastica) e impreziosito da bamboline, uccelli di stoffa, fiocchi colorati e penne di fagiano. Dalla base posteriore del cappello scende una cascata di nastri multicolori.
Il "brutto" è una maschera dall'apparenza inquietante e demoniaca, indossa abiti poveri e stracciati e si sforza di accentuare l'aspetto dimesso sottolineato dall'accostamento con oggetti d'uso quotidiano: scope, valigie di cartone, ombrelli rotti. Si imbottisce il corpo di paglia, si fascia di pelli di pecora e questa sorta di bardatura servirà ad attuire l'impatto con la terra ogni volta che egli vi si getta a corpo morto rimanendo disteso alcuni minuti per recuperare le fatiche dovute ai movimenti scomposti e alle improvvise corse cui si abbandona. Spesso si lega sulle spalle dei fragorosi campanacci allo scopo di creare scompiglio e paura fra il pubblico. La sua gestualità è spesso minacciosa e si contrappone ai movimenti eleganti e cerimoniosi dei "belli". Altra figura caratteristica è il sapör (zappatore), considerato la maschera più antica, simbolo del primitivo abitatore della valle. L'abbigliamento ne testimonia il legame con la società arcaica: indossa pelli di pecora, con copricapo di pelo di forma conica e ha gambali di canapa che ricordano le soprascarpe invernali dei montanari. I sapör hanno il viso ricoperto di fuliggine, barba e lunghi baffi posticci arrotolati verso l'alto, al collo portano una zucca svuotata a mò di borraccia e sulle spalle un'ascia di legno. Responsabile dell'ordine della manifestazione è la sigurtà, una o due persone che conoscono l'identità dei mascherati e ne garantiscono il comportamento, portando una fascia a tracolla e un cappello militare. Essi si pongono alla testa del corteo, subito dietro la piccola banda (fugheta) che improvvisa allegre marcette. Dietro queste maschere ve ne sono altre di contorno, alcune sempre legate alla tradizione locale come la ciocia (un uomo travestito da vecchia che non perde occasione di alzare la gonna per mostrare i suoi ampi mutandoni), altre di fattura più libera. Il corteo si muove verso le 14 e una volta completato il giro delle frazioni raggiunge la località Cima dove, legato a una slitta e sorvegliato da finti soldati sta il Carlisepp, un uomo mascherato imbottito di paglia la cui identità rimane sconosciuta a tutti. Tra il compianto generale, il Carlisepp è portato a spalle fino in piazza, dove è stato preparato un rogo, infine è deposto a terra e slegato.
Tutte le maschere in lacrime gli si affollano intorno in un vano tentativo di rianimarlo, mentre la ciocia si lamenta a gran voce. Alla sera un fantoccio che lo raffigurava è deposto sul rogo mentre i vari personaggi agitano i campanacci e rovesciano le maschere in segno di disperazione: carnevale muore e ci si avvia mestramente verso la Quaresima.



Carnevale di Viareggio
Viareggio (LU)

Martedì grasso, le 3 domeniche precedenti e la domenica successiva.

Uno dei carnevali più famosi al mondo per i suoi carri allegorici di estremo fascino ed allegria frutto del lavoro dei maestri della cartapesta viareggini, considerati i più bravi al mondo.

: www.ilcarnevale.com

Carnevale
Carnevale
Castel Goffredo (MN)

L'ultimo venerdì di carnevale

Carnevale di antica e rinomata tradizione che prevede per venerdì grasso una sfilata di carri allegorici e delle scuole castellane, cui segue l'incoronazione di Re Gnocco, un corpulento buongustaio che si è particolarmente distinto durante la grande gnoccolata allestita in piazza, dove si consumano ben dieci quintali di gnocchi. Alcune maschere raffigurano la corte dei Gonzaga che per un giorno, nominando un nuovo re, affiderà simbolicamente il potere a questo divertente e grottesco personaggio, che poi indirizzerà un discorso satirico alla popolazione. Domenica Re Gnocco e il suo seguito, la corte dei Gonzaga, la corte del Palio di Ferrara e gli sbandieratori sfileranno nuovamente per le vie del paese. Sarà poi allestita una grande tavolata nella gonzalesca piazza del paese, dove si potranno degustare gratuitamente abbondanti razioni di gnocchi.


Sa Sortilla 'e Tumbarinos
Gavoi (NU)

Giovedì grasso

Primo giorno del carnevale di Gavoi caratterizzato dal raduno dei tumbarini costruiti interamente a mano.


Carnevale di Mamoiada
Mamoiada (NU)

Carnevale

Al centro del carnevale di Mamoiada, un piccolo comune della Barbagia posto su un altopiano, sono i mamuthones. Sul vestito di velluto tipico del barbaricini essi indossano sa mastruca (un giubbone senza maniche di montone rovesciato), hanno il capo avvolto da un fazzoletto legato sotto il mento e sul viso portano una maschera nera di legno scolpito, che sembra un'accentuazione tragica dei volti dei protagonisti.
Ognuno di loro porta pesantissimi grappoli di campanacci, legati a dei tiranti di pelle e distribuiti sul dorso e sul petto, che i movimenti del loro corpo fanno risuonare ritmicamente. I più bravi si vantano di riuscire a sentire anche la stonatura di un solo campanaccio. Essi procedono in sei coppie e sono attoniati da otto issochadores.
Questi sono in genere aitanti giovani il cui abbigliamento contrasta con l'aspetto lugubre e tragico dei mamuthones. Indossano pantaloni di velluto nero, gambali, una camicia bianca e un corpetto rosso con una banda di sonagli sul petto.
In testa hanno un berretto ricoperto di nastri colorati e, legato in vita, uno scialle di seta variopinta. In mano hanno una soca cioè una fune che serve per prendere al lancio qualcuno del pubblico, che poi dovrà pagare da bere per essere liberato. Il curioso corteo (in cui forse si può leggere in trasparenza un trasporto di prigionieri) inizia nel primo pomeriggio e prosegue fino a notte inoltrata, con frequenti soste per bere il vino offerto lungo il percorso.
Mamuthones e issochadores (vinti e vincitori di una storia in cui significato si perde nella notte dei tempi) procedono lentamente, i primi a ogni passo operano movimenti alternati delle spalle e delle braccia che provocano il suono dei campanacci, i secondi hanno gesti agili ed eleganti, intervallati con improvvisi scatti durante i quali lanciano la soca per "catturare" qualcuno degli spettatori.
Ogni tanto emettono gridi o scambiano battute con il pubblico, mentre i mamuthones restano assolutamente muti. Intanto nella piazza del Comune sono aperte le danze tradizionali a girotondo, accompagnate dal suono della fisarmonica. Una regola non scritta vuole che nessuno possa rifiutare il braccio a chi gli capita vicino, fosse pure un suo nemico mortale.



Carnevale Ottanese
Ottana (NU)

Ultima domenica di Carnevale e martedì grasso

Famoso per le caratteristiche maschere (Merdules, Boes e Filonzana), ma soprattutto per la rappresentazione che interpretano, cioè la lotta tra uomini e animali o demoni, mentre la Filonzana, con il fuso, fila il filo della vita umana. Sia i Merdules che i Boes portano delle maschere di legno: quelle dei Merdules, in legno naturale, sono umane ma hanno un aspetto deforme, con nasi lunghissimi o bocche storte, mentre quelle dei Boes, come dice il nome, rappresentano il toro e sono dipinte con colori vivaci e munite di lunghe corna; esse hanno similitudini con alcuni bronzetti nuragici.





Carnevale di Bosa
Bosa (OR)

17 gennaio e carnevale

A parte l'inaugurazione che avviene il giorno di sant'Antonio (17 gennaio) con una sfilata di cavalli, il carnevale bosano si struttura in tre fasi: il laldaggiolu, l'attitidu e il gioldzi. Il laldaggiolu inizia la settimana che precede il giovedì grasso con gruppi di musicisti e maschere che vanno in giro di casa in casa a eseguire canti satirici su temi di cronaca locale che spesso mettono alla berlina gli amministratori. Si visitano soprattutto le abitazioni dei compaesani più abbienti e autorevoli, che in genere accettano con fair play le frecciate canore e anzi offrono in cambio salsicce, vino, pani, caci e dolci che poi saranno consumati in una serata conviviale al termine della questua. Il martedì grasso è la volta dei gruppi in maschera che propongono in chiave ironica lamenti funebri (appunto gli attitidu) improvvisati sul momento. Le maschere (in genere uomini) impersonano le lamentatrici funebri, indossano una lunga gonna arricciata in vita, corsetto e scialle neri, hanno il viso coperto da un velo dello stesso colore con dei fori per gli occhi. Portano in mano una bambola di stracci o un animaletto: cani, gatti, maialini, agnelli o perfino una rapa fasciata come un neonato. Il tono dei canti è spesso scurrile e allusivo e consiste per lo più in una richiesta rivolta alle donne perché vogliano allattare la bambola. La melodia è monotona e insistente al punto da indurre gli ascoltatori a offrire vino e bevande per far cessare i lamenti. Al tramonto la scena muta, vengono cambiati i costumi e sopraggiunge il momento più vivace: quello dei gioldzi.
Per buona parte della notte le vie sono percorse da persone che indossano un lungo lenzuolo bianco e sul viso dipinto di nero portano una federa bucata. In mano tengono un lampioncino con il quale cercano altri gioldzi e la caccia coinvolge tutti. La ricerca è invariabilmente indirizzata verso gli organi sessuali: infatti il carnevale che muore cerca di ripararsi là dove è situata la fronte della vita. Tutti gridano:"Gioldzi! Gioldzi! Ciappadu l'appu!" (l'ho preso!). La malvasia scorre a fiumi e il divertimento è senza freni, si mangiano fave con il lardo e altre specialità locali. Nell'occasione è ancora possibile ascoltare un antico strumento musicale chiamato sa serragia. Si tratta di uno strumento ad arco formato da una canna alla cui estremità è fissata una corda poggiante su una vescica di maiale fungente da cassa di risonanza e che viene suonato con un archetto.



Carnevale di Fano
Fano (PU)

Carnevale

Domenica e martedì si svolgono due grandi corsi mascherati. Il protagonista principale è el'Vulon, l'"ignoto forestiero", un pupazzo nato nel 1883 che ogni anno rappresenta, con la deformazione estrosa dell'iperbole, un personaggio della cronaca. Questa figura apre il corteo dei carri allegorici che sfilano lungo viale Gramsci. Sono carri grandiosi frutto di mesi di lavoro da parte di numerosi artigiani e cittadini che offrono volontariamente la loro opera con inesausta passione per costruire questi giganti di cartapesta, in genere ispirati ai fatti della politica interna e internazionale.
In genere sono animati da ingegnosi meccanismi e gli occupanti lanciano verso la folla manate di dolciumi e confetti. La musica che fa da contorno è chiamata arabìta, ma non si ispira all'Arabia, bensì alla rabbia: è un bizzarro concerto a base di orci, segacci, imbuti, vasi da notte, padelle e graticole. Si dice che questa "musica" sia sorta in forma di protesta quando, in tempi ormai lontani, beffardi esponenti della nobiltà cittadina vollero gettare sui villici, in luogo dei dolci, riproduzioni degli stessi in gesso. Al tramonto il pupazzo del'Vulon sarà bruciato in una sorta di autodafè. Insieme ai carri sfilano anche le maschere a piedi e per tutta la durata del carnevale si svolgono giochi come l'albero della cuccagna e la corsa delle carriole effettuata da personaggi in costume. Schiere di cuochi e finti sguatteri si mostrano in giro con forchettoni, pentole e paioli con i quali poi forniranno l'indispensabile contorno gastronomico alla festa che, da qualche tempo, si ripete anche in una domenica di luglio a uso dei turisti.


* info@carnevaledifano.com
: www.carnevaledifano.com

Carnevale di Grauno
Grauno (TN)

7 Gennaio e Carnevale

Qui il carnevale si articola in diverse fasi, la prima inizia addirittura il giorno seguente l'epifania, a Grauno infatti non si perde tempo: la notte stessa il gruppo dei giovani prossimi a partire per la leva si reca nel bosco, taglia alcuni fusti di pino, li trascina nell'abitato e li lega alle colonne delle quattro fontane del paese. Gli alberelli, simbolo del carnevale iniziato, possono essere legati alle fontane solo dopo la mezzanotte: se questa operazione viene eseguita prima, come talvolta accade, qualcuno del paese deve intervenire a mozzarli in cima. La seconda fase inizia nei giorni immediatamente precedenti il martedì grasso, e comprende l'abbattimento di un grosso albero di pino e il suo trasporto nei pressi del paese, dove viene sfrondato e dove rimarrà fino al martedì grasso. Giunta la mattina di questo giorno, il pino è trasciato attraverso una ripida viuzza sulla strada, dove ad attenderlo ci sono tutti i paesani. Egli farà da cornice alla comèdia, preparata in gran segreto dai circoscritti nei giorni precedenti. Il palcoscenico per la recita è la stessa piazza, mentre le quinte sono costituite dalle viuzze laterali.
La curiosità è notevole, giacchè la rappresentazione varia ogni anno e comprende sempre allusioni satiriche a personaggi a tutti noti. Al termine il "colpevole" (che solitamente è l'ultimo sposo dell'anno) è condannato a battezzare il pino, che da quel momento diventa la personificazione del carnevale. Si procede quindi al trascinamento dell'albero che viene poi piantato nell'apposito doss del carnevàl, una piccola altura situata in mezzo ai campi coltivati, dalla quale si domina tutta la valle.
Nel pomeriggio, mentre in un capannone impazza il ballo, i giovani procedono all'addobbo del pino utilizzando paglia e vecchi pneumatici. Durante la serata si riforma il corteo per la fase conclusiva della festa: il falò.
L'accensione del grande albero spetta a colui che lo ha battezzato, al quale si unisce anche la moglie e dal movimento delle bolife (scintille) si traggono gli auspici per l'annata agricola: se esse si sollevano molto il presagio è infausto, se invece restano basse e fanno arco come le spighe della segale e dell'orzo quando sono pesanti e cariche, la prospettiva sarà favorevole e il raccolto abbondante.




La Mugnaia



Rogo degli Scarli
Carnevale Storico
Ivrea (TO)

Carnevale

Il Carnevale di Ivrea è fra i più coinvolgenti, reso unico dalla Battaglia delle Arance, agguerrita sfida tra lanciatori a piedi e sui carri, tutti in costume, che si svolge nelle piazze e nelle strade cittadine. Il riferimento storico-leggendario si fa risalire a una insurrezione del 1194 contro il marchese Ranieri di Biandrate, tiranno libertino e fautore di Federico Barbarossa. Questi avrebbe fatto rapire, il giorno stesso in cui stava per andare sposa, Violetta, la bella figlia di un mugnaio. L'ira popolare scaturita da questo odioso episodio portò l'intero paese non solo a mobilitarsi per liberare la giovane, ma anche a ribellarsi contro gli innumerevoli soprusi fino ad allora patiti a opera del marchese. Durante i giorni del carnevale tutti, turisti e abitanti, sono "costretti" a portare il berrettino frigio di colore rosso, pena l'essere presi di mira dai lanciatori di arance. Il via ai festeggiamenti è dato la mattina del 6 gennaio da pifferi e tamburi che salutano l'elezione del nuovo Generale. Poi, la sera di sabato grasso, è la volta della sua compagna, la bella Mugnaia, eroina d'ispirazione risorgimentale. Essi sono i signori del carnevale eporediese, eletti ogni anno fra i cittadini più in vista. Per la coppia e per il loro variopinto seguito composto da Abbà (i fanciulli rappresentanti i cinque rioni cittadini), vivandiere, ufficiali dello Stato Maggiore, podestà e consoli, gli appuntamenti in calendario sono numerosi: brindisi e intermezzi gastronomici, sfilate in costume e veglie danzanti. Infine, la domenica di carnevale, si tiene una fagiolata di beneficenza e il primo scontro a colpi di agrumi. La vivace contesa prosegue lunedì e si conclude martedì grasso con la premiazione delle migliori squadre. Si affrontano gli equipaggi dei carri e squadre di lanciatori a piedi che si scagliano gli uni contro gli altri tonnellate di arance. In serata il rogo degli scarli (lunghe pertiche di legno ricoperte di erica) funge da atto finale della manifestazione, chiusa da meste marce di pifferi e tamburini. Una breve coda si ha il mercoledì delle ceneri nel rione Borghetto, con distribuzione quaresimale di polenta e merluzzo, mentre le arance spiaccicate per terra attendono di essere raccolte dai pazienti netturbini.

* info@carnevalediivrea.it
: www.carnevalediivrea.it

Manifestazioni: Battaglia delle Arance
Carnevale di Sauris e la Notte delle Lanterne
Sauris (UD)

Sabato precedente il martedì grasso

A Sauris si festeggia uno dei più antichi Carnevali dell’arco alpino, specchio dei particolari riti e costumi di questa sperduta e suggestiva vallata della Carnia, isola alloglotta tedesca a 1.200 metri d’altezza, dove si sono conservate immutate tradizioni secolari.

Protagonisti della festa sono alcune figure tradizionali: il “Rolar” e il “Kheirar”. Il “Rolar” è una figura magica e demoniaca armata di una scopa: suo è il compito di avvertire la gente che si prepari per la mascherata. Il suo nome deriva dai “rolelan”, i campanelli che porta legati attorno alla vita e che agita in continuazione.

La sua faccia è annerita dalla fuliggine, così come le sue mani; indossa abiti molto rozzi ed ha la testa fasciata con un fazzoletto a frange. Con lui c’è il “Kheirar”, il re delle maschere che orchestrerà lo svolgimento della festa: il volto celato da una maschera di legno, ha i vestiti laceri e una scopa in mano, che usa per battere alle porte delle abitazioni in cui vuole entrare. Le due figure percorrono le vie di Sauris e delle sue frazioni, accompagnate da un corteo di maschere, che possono essere brutte (“Schentana schemblin”) o belle (“Scheana schemblin”): l’importante è che chi vi partecipa sia irriconoscibile e quindi abbia il volto coperto.

Le maschere che coprono il volto sono rigorosamente di legno: chi non è di Sauris, e quindi non ne possiede una antica, ne può acquistare bellissime copie, realizzate da abili artigiani sul modello di quelle conservate nel Museo di Arti e tradizioni Popolari di Tolmezzo, una tappa da non perdere per chi vuole conoscere da vicino usi e tradizioni della Carnia.

Il “Kheirar” dunque bussa con la scopa alla porta delle case e dei locali pubblici e, dopo aver spazzato il pavimento, introduce a turno coppie di maschere che intrecciano antiche danze al suono della fisarmonica. Il sabato, col buio, ecco la Notte delle Lanterne: il corteo, al lume delle lanterne, si inoltra passeggiando nel bosco per seguire un suggestivo percorso notturno alla volta di un grande falò propiziatorio innalzato in una radura.

Sulla via del ritorno maschere e musici si fermano negli stavoli (le caratteristiche baite di pietra e legno della vallata) per riscaldarsi con vin brulè e rifocillarsi con i piatti della gastronomia locale, ad iniziare dall’ottimo prosciutto.




Le maschere del Carnevale di Borgosesia:
Gin Fiammàa e Peru Magunella
Mèrcu scüròt
Borgosesia (VC)

Giorno dopo Carnevale

Da oltre un secolo a Borgosesia si prolungano di un giorno i festeggiamenti per il carnevale, celebrando il mèrcu scüròt (mercoledì oscuro, ovvero, secondo alcuni, annebbiato per il troppo bere).
Si narra che il mercoledì delle Ceneri del 1854 un alsaziano, capo tintore di una filatura, ancora sotto l'effetto delle bevute carnevalesche e incapace di rendersi conto che la festa era finita, si sia messo a ballare e cantare per le strade indossando un frac.
In un battibaleno la gente del posto lo seguì e fu organizzato un corteo funebre in onore del defunto carnevale con frequenti soste nelle osterie della zona. Da allora ogni anno la festa si è ripetuta, nonostante vari tentativi di bloccarla da parte delle autorità ecclesiastiche. Al suo centro vi sono due curiose maschere chiamate Perù Mugunèla e la sua compagna Gin Fiammàa. Lui indossa pantaloni verdi, giacca rossa e una camicia bianca e rappresenterebbe lo spirito di rivolta verso gli invasori napoleonici ed è colui che legge il buffonesco testamento del carnevale dove avvenimenti e personaggi sono presi in giro in chiave satirica nel colorito dialetto locale, Giunge poi il momento della distribuzione del cassul, una sorta di mestolo di legno, a tutti coloro che per l'occasione indossano il frac, un mantello a ruota, il cilindro e vistosi papillon di organza bianca. Costoro hanno diritto di bere in tutte le osterie (piole) e di mangiare gratuitamente la trippa con i cavoli che viene cotta in grandi paioli di rame. Nella serata una schiera di ragazzi dà fuoco a un fantoccio posto su un carretto che simboleggia l'inverno.


* info@carnevalediborgosesia.it
: www.carnevalediborgosesia.it




Carnevale di Venezia
Venezia (VE)

Carnevale

La città lagunale si trasforma in un animatissimo palcoscenico popolato da maschere di ogni tipo. La rinascita del carnevale veneziano coinvolge folle strabocchevoli e si disperde in mille rivoli, pubblici e privati, tra spettacoli teatrali, feste nei meravigliosi palazzi affacciati sul Canal Grande e soprattutto l'incontenibile sciamare della folla nelle calli e nei campielli. Il carnevale di Venezia è ormai una grande Kermesse spettacolare che supera l'ambito di una festa tradizionalmente sovvertitrice dei valori per divenire evento televisivo per "vendere" in tutto il mondo. Eppure la raffinatezza di certi costumi, il contesto e l'ambientazione da favola, riescono ancora a vincere il senso di soffocamento. Le maschere d'altra parte sono sempre state di casa a Venezia, di esse si servivano in ogni periodo dell'anno quanti non volevano farsi riconoscere: cortigiane e mendicanti, debitori e malandrini, al punto che furono emanate numerose leggi (la più antica è del 1268) per proibirne, invano, l'uso. I festeggiamenti un tempo erano aperti ( e i documenti ne provano l'antichissima tradizione) dallo "svolo del turco", la passeggiata di un acrobata su un filo teso fra il campanile di san Marco e la basilica, ma oggigiorno la trasvolata è compiuta da una colomba di cartapesta. Sabato grasso poi si snoda sul Canal Grande la sfilata delle maschere in barca e martedì a mezzanotte tutto finisce con il rogo del "Pantalon".

: www.carnevale.venezia.it

Vènardi Gnocolàr
Verona (VR)

Venerdì grasso

Venerdì grasso in ogni famiglia veronese si usa consumare abbondanti piatti di gnocchi al burro o al sugo. Gli storici locali ritengono che l'origine dell'usanza vada collocata nella prima metà del Cinquecento, quando un medico veronese, tale Tomaso Da Vico, l'ultimo venerdì di carnevale fece distribuire alle plebi della contrada San Zeno affamate dalla carestia, abbondanti razioni di pane, vino, burro, farina e formaggio. Il Da Vico stesso lasciò poi un legato testamento affinchè una simile distribuzione si ripetesse ogni anno nel medesimo giorno. Ecco dunque che ogni anno, nella piazza antistante la basilica romana del popolare quartiere di San Zeno, si forma un corteo in costume con in testa il papà del gnoco. Questi si maschera con una gran pancia e regge in mano, a mò di scettro, un forchettone su cui è infilato un grosso gnocco. E' seguito da una scorta d'onore a cavallo, dai "Putti di San Zeno", da un drappello di cavalieri in abiti quattrocenteschi e da gruppi e carri mascherati su cui troneggia il "duca della pignatta", che distribuisce finti marenghi alla folla.
Il corteo raggiunge piazza dei Signori, dove abbondanti piatti di gnocchi, conditi con smalso pepato, sono offerti alle autorità e poi a tutti i presenti.


: www.larenadomila.it/bacanal.htm




Carnevale di Ronciglione
Ronciglione (VT)

Carnevale

La sonora voce del campanone e la cavalcata degli Ussari, con pittoresco carosello in costumi del Settecento, segnano l'avvio ufficiale dei festeggiamenti nelle prime ore del pomeriggio di venerdì. Il re del carnevale, scortato da personaggi in costume, si insedia nel suo ruolo prendendo in consegna le chiavi del paese dalle mani del sindaco. Ha quindi inizio la "corsa a vuoto", detta anticamente la carriera. Schiumanti cavalli berberi non sellati e senza fantino si lanciano al galoppo sfrenato su un percorso di circa un chilometro attraverso le vie cittadine. Sono in tutto quindici, suddivisi in tre gruppi che si sfidano separatamente. Nei giorni seguenti, e soprattutto domenica e martedì grasso, si svolgono le finali delle corse di cavalli; vi sono poi danze in piazza, concorsi mascherati e, molto atteso, il "Gran corso di gala", un'imponente sfilata di carri allegorici. Tra le maschere si aggirano i Nasi Rossi, che indossano una papalina e una camicia da notte femminile, un gran naso di cartapesta e portano in mano un vaso da notte pieno di rigatoni al sugo. Procedono con il passo oscillante degli avvinazzati e interloquiscono scherzosamente con il pubblico offrendo i maccheroni. La sera di martedì grasso prende il via un grandioso saltarello cui partecipano tutti i presenti e infine si dà alle fiamme l'effige di re carnevale dopo un tragicomico funerale.

: www.carnevale-ronciglione.it

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