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La 'Ndocciata
Agnone (IS)

24 dicembre

All'imbrunire del 24 dicembre, al battere del campanone di Sant'Antonio, centinaia di persone di tutte le età e indossanti i costumi tradizionali accendono le 'ndocce (torce) e s'incamminano lungo il corso principale del paese, che diviene così un gigantesco ed emozionante fiume di fuoco. A fianco dei portatori sfilano pastori, pecore, cavalli, buoi e maiali, nonché alcuni carri sui quali sono stati ricostruiti interni di stalle e scene di vita contadina. Una volta giunti in piazza si accende un gran falò attorno al quale la popolazione si riunisce per dare l'addio a quanto di negativo c'è stato durante l'anno che sta per finire e che sarà simbolicamente bruciato nel fuoco.
Al termine della sfilata si svolge anche una rappresentazione della Natività, ispirata di volta in volta a temi umani e sociali d'attualità, mentre i presepi artistici fanno bella mostra di sé negli androni delle case, dove rimarranno per tutto il periodo delle feste natalizie. Le 'ndocce sono grosse torce realizzate con legno di abete bianco e fasci di ginestre secche tenute insieme con lo spago. Sono alte due o tre metri e talvolta riunite da paletti trasversali per formare dei gruppi che possono arrivare fino a venti fiaccole. Da come la 'ndoccia ardeva si traevano auspici: se soffiava il vento di tramontana si prevedeva una buona annata. Un fuoco scoppiettante e una fiamma consistente erano considerati benauguranti perché in grado di scacciare le streghe. Gli anziani ricordano che in questa occasione si cercava di fare buona figura agli occhi delle ragazze, si gareggiava, infatti, nel realizzare la torcia più bella e compatta al fine di farla durare di più. A sfilata conclusa, si portava la 'ndoccia sotto la finestra della fanciulla sulla quale erano riposte le proprie speranze. Se lei si affacciava significava che aveva gradito il gesto, altrimenti un secchio d'acqua spegneva a un tempo la torcia e l'ardore del giovane.


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La Focura
Novoli (LE)

16 e 17 gennaio (Sant'Antonio Abate)

Già dai primi giorni di dicembre i giovani si incaricano di raccogliere grandi quantità di legna e di tralci di viti e di portarli nella piazza principale del paese, poi l'otto gennaio si inizia la costruzione del falò (focura), la cui forma è a cono. Esso deve essere molto alto perché per tradizione le fiamme devono raggiungere la sommità del duomo. In cima si pianta un ramo di arancio con alcuni frutti pendenti (chiamato la marangia de papa Peppu perché un tempo veniva preso dal giardino di un prete così nominato), delle spighe di grano e infine una bandiera tricolore cui è fissata l'immagine di Sant'Antonio Abate. Nel pomeriggio della vigilia si svolge una processione alla quale partecipano tutte le confraternite del luogo portando in mano dei grandi ceri detti sugghi, e per questo motivo la processione prende il nome di intorciata. Nel momento in cui la statua del santo esce dalla chiesa si raccolgono le offerte consistenti in oggetti d'oro, soprattutto orologi che poi sono posti sul simulacro, che così prende il nome di tirluciaru (orologiaio). Una volta che la processione è rientrata in chiesa, si sparano fuochi d'artificio e si accende l'enorme falò, mentre tutt'attorno la gente beve vino moscato e si rinfocilla. Il fuoco dura almeno ventiquattro ore e al termine i paesani cercano di procurarsi dei tizzoni e un po’ di cenere in funzione propiziatoria


Luminara di Santa Croce
Lucca (LU)

13 settembre

Ricorda la traslazione del "Volto santo", uno splendido crocefisso ligneo dell'XI secolo. Esso però, secondo un'antica narrazione, sarebbe stato colpito dal discepolo segreto di Gesù, Nicodemo, a eccezione del volto, che invece sarebbe opera di un angelo. Nicodemo poi, sentendo prossima la fine, lo affidò a un cristiano che lo nascose nella sua casa. Nel 742 giunse in Palestina, allora occupata dai musulmani, il vescovo Gualfredo al quale un angelo rivelò in sogno la collocazione dell'immagine. Il prelato riuscì a impossessarsene e ad affidarla a una barca priva di vela e di equipaggio, affinchè la Provvidenza la trasportasse in terra cristiana. Dopo un lungo vagare il battello giunse a Luni, e da qua infine fu portato a Lucca, dove fu oggetto di devota venerazione e dove si istituì una processione alla quale prendevano parte tutti i maschi della città. Ancora oggi dalla chiesa di San Frediano parte una processione al lume di torce che, seguendo l'antico percorso della Croce, giunge al Duomo di San Martino, mentre la città è illuminata da migliaia di lumini di cera. Alla processione partecipano figuranti in costume, autorità civili e militari, confraternite e delegazioni di altri comuni toscani, e tutti insieme formano un fiume di luci e fiaccole. Al Volto santo è legata una graziosa leggenda ripresa da un trovatore francese del XIII secolo: narra di un giullare che volle offrire alla sacra immagine il frutto migliore della sua arte, esibendosi davanti a essa nei suoi giochi di prestigio. In cambio la sacra immagine gli offrì una sua preziosa pianella.


Ostensione dei Sacri Vasi
Mantova (MN)

I vasi vengono esposti sull'altare maggiore della Basilica di San Pietro Apostolo. I Sacri Vasi, tra le reliquie più importanti del cristianesimo, conterrebbero il santo sangue di Cristo raccolto da Longino, il soldato che trafisse il costato di Gesù. Alcune gocce del sangue caddero sugli occhi malandati di Longino e miracolosamente guarirono.


Festa del Maggio
Accettura (MT)

Pentecoste

Raccolta nel cuore verde della Basilicata e circondata da bellissimi boschi, Accettura celebra ogni anno, in onore al patrono San Giuliano, un antico rito nunziale di propiziazione che risale a un ancestrale culto agreste di fecondazione della natura. La festa si svolge in più fasi. Nell'ottavo giorno dopo Pasqua nel bosco di Montepiano si sceglie un albero e diritto che personificherà il Maggio, mentre nella parte opposta del paese un altro gruppo di contadini seleziona la più frondosa pianta d'agrifoglio che sarà la Cima, rispettivamente lo sposo e la sposa, il cavaliere e la dama. Nel giorno dell'Ascensione si esegue poi il taglio del Maggio con un rituale che ricorda il sacrificio del vecchio re, cui segue l'elezione del nuovo sovrano. Infine la domenica di Pentecoste si trasportano in paese, con frequenti soste punteggiate da libagioni, canti e suoni, i due alberi.
La giornata di lunedì è dedicata alla pulitura e al levigamento del Maggio. Martedì si innesta la Cima nel Maggio usando pioli di legno infitti nei due tronchi, e in questo procedimento appare evidente il richiamo all'atto sessuale come rito propiziatorio. Poi il Maggio è eretto nella piazza principale del paese con un'operazione molto delicata che impegna un gran numero di uomini addetti a tirare le funi. Nel pomeriggio alcuni cacciatori sparano verso il Maggio cercando di colpire delle targhette appese ai rami della Cima che raffigurano polli, conigli e agnelli: sono i premi a disposizione di chi li centrerà. Parallelamente si svolge il rituale dedicato a san Giuliano con una processione preceduta da giovani donne ancora non maritate che portano sul capo le cente, piccole costruzioni piramidali di ceri votivi e fiori, legati a un desiderio segreto.
I due riti, quello cristiano e quello arcaico si integrano e si intersecano in più fasi finchè la statua del santo e il Maggio si fronteggiano, mentre alcuni giovani tentano la scalata dell'albero. Ai suoi piedi si intrecciano intanto danze sfrenate con frequenti allusioni erotiche, alcuni buontemponi si riempiono la bocca di vino e con questo irrorano i presenti in un gesto che ricorda il rituale degli antichi mascheroni bacchici spesso riprodotti sugli sbocchi delle fontane.



Festa della Madonna della Bruna
Matera (MT)

2 luglio

La cerimonia, che si dice istituita da papa Urbano VI nel 1378, è legata a un'immagine della Madonna il cui nome "della Bruna" non deriva dal colore scuro della stessa, ma da Ebron, oggi Kalil, colle della Palestina dove fu consacrato Davide e dove nacque Giovanni Battista. Racconta una leggenda che i pirati saraceni tentarono di rubare la sacra effige, ma furono inseguiti e messi in fuga da un gruppo di pastori. Tuttavia il simulacro era molto pesante e i pastori non sapevano come fare per riportarlo in città. Ecco allora che una visione miracolosa suggerì loro di costruire un carro trionfale. Fù così che l'immagine sacra rientrò a Matera e i cittadini, per evitare che potesse essere nuovamente trafugata, distrussero il carro.
La festa oggi rievoca questa leggenda e viene divisa in tre parti lungo l'arco della giornata. All'alba si svolge una prima processione che ricorda i pastori in cerca della Madonna rapita dai Mori.
Verso mezzogiorno un corteo di cavalieri in costumi sgargianti, corazze e cimeli impennacchiati, scorta la Vergine dal duomo alla chiesa di Piccianello. Gli stessi guerrieri sono i protagonisti dell'ultima fase della festa, che ha luogo la sera alla luce di luminarie multicolori.
La statua della Madonna è portata in processione a bordo di un carro trionfale impreziosito da fregi e ligature di cartapesta. Di scorta marciano il clero e i cavalieri, le bande musicali, le confraternite religiose. Giunti sul sagrato del duomo i cavalieri girano per tre volte intorno al carro, dopodichè la statua è ricollocata al suo posto nel tempio, mentre il carro segue la sorte del suo antico modello: viene demolito ("stracciato") con alacre e vivace partecipazione popolare e tutti cercano di recuperarne un pezzo da conservare come portafortuna.



Festa della Madonna della Pace
Giugliano (NA)

Prima domenica dopo Pentecoste

La festa inizia alla vigilia di Pentecoste e termina la domenica della SS. Trinità. E' in quest'ultimo giorno che si svolge una processione nel corso della quale una statua della Vergine che tiene il Cristo morto tra le braccia, viene portata su un carro trainato da buoi riccamente adornati. I balconi sono addobbati con tappeti e fiori e per tutto il tempo suonano le campane a festa, mentre la gente getta petali e boccioli verso il carro. Una caratteristica che rende spettacolare questa festa è tuttavia il "volo dell'angelo", che si ripete all'uscita e al rientro del simulacro dal santuario dove è conservato. L' "angelo" è una bambina di circa sette anni, vestita di bianco, con ali lucenti sulle spalle e un mazzo di gigli in mano che viene agganciata a una fune sotto la quale scorre per mezzo di una carrucola a venti metri da terra. Una volta fattasi il segno della croce, la bimba è spinta da un balcone e veleggia nell'aria gettando fiori e coriandoli sulla folla sottostante, che trattiene il fiato e la segue con gli occhi rivolti al cielo. Il suo breve volo termina sul carro dove è sistemata la statua della Madonna. Lì deposita incenso e gigli e infine è nuovamente issata verso un altro balcone. All'origine della festa vi è una leggenda in cui si narra che una statua della Vergine sia stata ritrovata nelle campagne di Cuma e quindi portata in paese dai marinai.
E' tuttavia arduo mettere in collegamento questa leggenda con il "volo dell'angelo>" così come si svolge oggi e anche in questo caso vi è abbondante materia di studio per etnologi e studiosi.



Festa di San Gennaro
Napoli (NA)

19 settembre

L'identità di un santo con questo nome è controversa, anche se la sua presenza nella cultura popolare napoletana è così reale e radicata da poter fare a meno di ogni supporto storico. La tradizione vuole che una donna abbia raccolto il sangue del martire Gennaro, vescovo di Benevento, in due lacrimatoi conservandoli poi presso di sé. Quando nel 313 l'imperatore Costantino ebbe dato pace alla Chiesa, un vescovo napoletano trasportò le ossa del santo dall'Agro Marciano a Napoli e si dice appunto che in tale occasione la donna gli abbia consegnato le ampolline con il sangue. Proprio allora sarebbe avvenuta la prima liquefazione, che poi si sarebbe ripetuta in varie occasioni. Il prodigio può avvenire tuttora in almeno tre date: la prima domenica di maggio, il 19 settembre e il 16 dicembre. I rapporti fra la popolazione e il santo sono gestiti (ai giorni nostri tuttavia in modo meno "ufficiale" che in passato) da un gruppo di donne anziane, dette le "parenti" del santo, che amano dirsi discendenti della nutrice del taumaturgo. Esse in queste occasioni si assumono il compito di elevare le loro implorazioni affinchè questi compia il presunto miracolo con grida ora di supplica, ora di minaccia. Quando la liquefazione tarda a realizzarsi arrivano a lanciare coloriti rimbrotti in vernacolo che possono giungere fino all'insulto, a prova della confidenza "parentale" che hanno con lui. Straordinaria è l'emotività che suscita l'evento tra la folla di fedeli, che vedono in esso il rinnovarsi di un patto di protezione e senza il quale temono lo scatenarsi di sventure.
Dal modo in cui avviene il miracolo si traggono presagi per i mesi futuri e indicazioni per i numeri da giocare al lotto.
Fuori della chiesa numerose bancarelle vendono dolciumi e noccioline, oltre alle caratteristiche statuette del santo e dalle case sventolano migliaia di bandierine di carta. La notte poi i "botti" esprimono la soddisfazione della popolazione rassicurata.






Processione dei Misteri e del Cristo Morto
Procida (NA)

Venerdì Santo

L'organizzazione della festa si deve alla confraternita dei Turchini, ma la partecipazione popolare è molto sentita. Per mesi gruppi di persone si dedicano con zelo e profonda devozione all'allestimento dei Misteri, fantasiose costruzioni in cartapesta che rievocano episodi della storia sacra e che saranno poi portate in processione la sera del venerdì santo. Il corteo è aperto da una croce, cui fanno seguito i Misteri, portati a braccia su palchetti dagli stessi artefici. Seguono poi le "crocette", bambini indossanti una casacca turchina che sostengono sulle spalle una piccola croce.
Altri bambini prendono il nome di "catene", perché trascinano al suolo piccole catene.
Avanzano infine gruppi di confratelli che recano delle torce e robusti isolani che portano a spalla alcuni gruppi statuari provenienti dalle varie chiese e raffiguranti: la Crocefissione, i ladroni, la Vergine addolorata, San Pietro e il gallo. L'ultima statua è quella del Cristo morto, opera di uno scultore settecentesco che si vuole essere stato un ergastolano.
La statua avanza lentamente al suono di una marcia funebre, seguita dalla popolazione immersa in un autentico e sommesso cordoglio.
I bambini, vestiti a lutto, sono portati in braccio dai padri e l'atmosfera è di intensa e coinvolgente partecipazione al dolore per la morte del Cristo.



I Battenti di Madonna dell'Arco
Sant'Anastasia (NA)

Lunedì di Pasqua e lunedì in Albis alla Madonna dell'Arco

Ben due narrazioni leggendarie si pongono all'origine di questo rituale di fede che coinvolge migliaia di devoti provenienti da tutta la Campania al punto da farne la festa più popolare dell'intera Regione.
La prima risalirebbe al 1450. Si narra che un lunedì di Pasqua alcuni giovani si erano recati in collina in una località denominata Arco (a causa della presenza degli archi di un antico acquedotto romano) per giocare a pallamaglio. Il campo era collocato all'ombra di un tiglio, nei pressi di un'edicola dove era custodita una Madonna col Bambino. Uno dei giocatori ebbe uno scatto di nervi per un tiro sbagliato e bestemmiando gettò la palla contro l'effige della Vergine, che subito cominciò a sanguinare da una guancia. La notizia si diffuse e giunse all'orecchio del conte di Sarno che fece immediatamente impiccare il colpevole del gesto sacrilego. Da quel giorno nacque il culto della Madonna dell'Arco, che fu poi rafforzato da un secondo miracolo avvenuto nel 1589. Una donna che si era recata a Pomigliano per chiedere la grazia di far guarire il marito, indispettita dall'aver perso un maialino che aveva con sé, gettò a terra l'ex voto che aveva portato per offrirlo alla Madonna e lo calpestò. Il marito la ammonì dicendole che sarebbe stata punita per quanto aveva fatto e infatti subito i piedi le si gonfiarono divenendo neri e nel giro di pochi minuti si staccarono dal suo corpo. Sono ancora visibili in una teca di ferro collocata nel santuario. I protagonisti di questa festa sono i fujenti, ovvero battenti, penitenti che giungono a piedi nudi portando pesanti ceri devoti e caratteristiche costruzioni in cartapesta dalle fogge più varie e fantasiose che prendono il nome di toselli.
Sono riuniti in varie associazioni e sorreggono degli stendardi su cui sono appese le offerte in denaro dei fedeli. I pellegrini, accompagnati da bande musicali, indossano vesti bianche con una fascia azzurra trasversale e un cordone rosso stretto sui fianchi. L'ultimo pezzo di strada prima di arrivare al santuario è effettuato di corsa e poi gli ultimi metri carponi, con ripetuti inchini e battute sul petto.
Sono frequenti scene di commozione intensa con pianti, svenimenti, convulsioni e grida al limite dell'isteria da parte dei devoti che sperano di ottenere la grazia. Altri, che l'hanno già ottenuta, portano delle tavolette di cera (ex voto) per ringraziare la Madonna. Al termine del pellegrinaggio si organizzano gruppi danzanti sia nelle vicinanze del santuario, sia nei paesi vicini, si fanno gare e si premia il tosello più bello. Oggi i comportamenti più esasperati all'interno del tempio sono attivamente repressi da parte della Chiesa, ma è ancora altamente impressionante la scena che si offre agli occhi dei visitatori.



Sacra rappresentazione
Romagnano Sesia (NO)

Venerdì Santo

Romagnano in questi giorni si trasforma nell'antica Gerusalemme. Trecento personaggi in costume rivivono il dramma del Calvario tra l'intensa partecipazione popolare, secondo una tradizione che risale al Seicento e si rifà agli stilemi dell'antico teatro religioso popolare. Qui la sacra rappresentazione si avvale dell'apporto di dialoghi, musiche e coreografie che contribuiscono ad elevarne il fascino e la presa emotiva. La processione serale è aperta dal comandante dei legionari, seguono la croce, gli apostoli, la corte di Erode, la banda musicale, la Vergine Maria e infine la massa dei figuranti. In piazza o nei parchi cittadini si rappresentano poi i vari quadri del dramma sacro.

* venerdisanto@venerdisanto.org
: www.venerdisanto.org

Pellegrinaggio al Santuario di San Francesco
Pellegrinaggio al Santuario di San Francesco
Lula (NU)

1-9 maggio

Secondo Grazia Deledda il Santuario di San Francesco sarebbe stato edificato da un bambino che, stanco della sua vita errabonda, avrebbe promesso di sottomettersi alla giustizia e di far sorgere la chiesa se fosse stato assolto. Alla mezzanotte del 30 aprile parte da Nuoro lo stendardo del santo e molti pellegrini coprono a piedi i trentacinque chilometri del percorso che separa la città dal santuario. Una volta giunti, sfiniti, avranno una benevola accoglienza nella casa del priore. Questi e sua moglie offriranno caffè e biscotti, oppure una minestra tradizionale, il filindeu e un buon bicchiere di vino. I pastori cuociono all'aperto maialini, agnelli arrosto e zurrette (stomaci di pecora ripieni di sangue e di spezie), altri lavorano il formaggio o travasano il vino di Oliena dalle botti nei fiaschi, che poi saranno offerti ai pellegrini. Alcuni di loro trovano ospitalità in apposite capanne, dove si passa la notte intonando in coro canti sacri.
L'ultimo giorno della novena c'è poi il ritorno a Nuoro, con relativa sosta a metà del percorso per consumare un pasto all'aperto.



Fistinu di Santa Rosalia
Palermo (PA)

11-15 luglio

Rosalia, figlia del duca Sinibaldo, a sua volta nipote di re Guglielmo II, preferì agli agi che poteva assicurarle, la contemplazione e la preghiera, ritirandosi in una spelonca sul monte Pellegrino, dove morì a trent'anni nel 1160.
Le sue spoglie furono ritrovate 464 anni dopo quando Palermo era afflitta da una terribile pestilenza.
Portate in processione, si racconta, aiutarono a vincere il morbo e da allora si celebrano a Palermo i festeggiamenti in onore della santa patrona, che terminano con la solenne processione delle reliquie, racchiuse in una preziosa teca d'argento costruita nel 1631. Un fastoso ed imponente carro trionfale a forma di nave, alto dodici metri, contenente il simulacro della santa ricoperto di rose, sfila per le vie cittadine trainato da dodici buoi e scortato da un drappello di alfieri a piedi e a cavallo. Al suo interno è collocata la banda musicale che suona durante tutto il tragitto. Segue un corteo di figuranti in costume d'epoca. La sera di fuochi artificiali incendia il cielo, mentre la gente mangia a sazietà le celebri cassate e i dolci per cui Palermo è famosa.



Pasqua Albanese
Piana degli Albanesi (PA)

Domenica di Pasqua

La cittadina fu fondata nel 1488 da famiglie albanesi fuggite in Sicilia perché il loro Paese era stato invaso dai turchi, per tale motivo dunque la Pasqua si celebra con il rito greco.
Le donne e le ragazze indossano bellissimi costumi di seta ricamati d'oro e sulla fibbia d'argento portano incise le immagini di San Giorgio e della Vergine Odighitria (che significa "guida del cammino"). Dopo la messa cantata nella cattedrale di San Demetrio, si svolge la processione del sacro Velo, un tessuto che riproduce l'immagine del Cristo. Al termine le ragazze distribuiscono uova benedette colorate di giallo o di rosso, secondo una tradizione che un tempo era comune a tutta la cristianità, ma che ora si è tramandata solamente in oriente. L'uovo simboleggia la nascita di una vita, e quindi il rinnovamento dell'anno astrologico nell'equinozio di primavera, ma anche la rinascita di Gesù a nuova vita.






Il Ballo dei Diavoli
Prizzi (PA)

Domenica di Pasqua

Tutto inizia la domenica delle Palme con un complesso rituale che si trasforma in rappresentazione. La figura del Cristo avanza su un asino riccamente ornato, seguita dal popolo in festa e dai dodici apostoli fra cui Giuda con una lanterna in mano, con la quale va simbolicamente alla ricerca di Gesù.
I riti riprendono la sera di giovedì, quando Cristo viene portato sul Calvario (una collinetta sulla quale sarà piantata la croce) e vegliato per tutta la notte. Domenica, per l'intera mattinata, i diavoli scorrazzano per le vie dell'abitato minacciando tutte le persone che incontrano.
Sono in realtà uomini che indossano tute di tela, pelli di capra sulle spalle e una maschera cornuta dai tratti demoniaci sul viso. Con le mani agitano delle catene di ferro in segno di vittoria sulla vita. Assieme a loro procede un uomo che raffigura la morte e porta in mano una balestra di legno con la quale prende di mira i passanti. Coloro che sono simbolicamente colpiti vengono trascinati dai diavoli verso la più vicina osteria (che rappresenta l'inferno), dove sono costretti a pagare da bere tra lo scherno dei presenti. Ma quando nel pomeriggio, in piazza, la statua della Madonna si incontra con quella del Cristo risorto, ecco che i diavoli e la morte stramazzano a terra sopraffatti da altri giovani in vesti di angeli. I diavoli, infine domati, si inginocchiano fra le due statue e si tolgono le maschere affermando così la vittoria della vita sulla morte e del bene sul male.



Festa di San Zopito
Loreto Aprutino (PE)

Lunedì dopo Pentecoste

In questo giorno Loreto è teatro di una singolare processione che ha come protagonista un bue bianco addobbato con molta cura: dalle corna gli pendono nastri e fiocchi di mille colori, specchietti lucenti e ninnoli, il dorso è ricoperto da una gualdrappa rossa e perfino gli zoccoli sono lucidati. E' preceduto da un gruppo di zampognari e sulla sua groppa cavalca un bimbo vestito di bianco che tiene in mano un ombrellino, un garofano in bocca e delle ali sulla schiena. Il bimbo raffigura san Zopito, che secondo la tradizione sarebbe stato martirizzato quand'era un giovinetto, ma la cui esistenza non ha alcun fondamento storico. Il suo nome deriverebbe, infatti, dall'iscrizione tombale che riportava: Sopitus in Domine (addormentato nel Signore), ma che la popolazione lesse come Zopito. Al termine della processione il bue venne fatto inginocchiare davanti alla chiesa e poi è condotto davanti alle case delle persone più in vista dove, a ogni sosta, il bambino riceve piccoli doni.
L'usanza avrebbe preso le mosse da un avvenimento del 1711, si racconta infatti che, mentre stava giungendo in paese il corteo che portava le reliquie del santo, un contadino non abbia smesso la sua attività in segno di rispetto.
Al contrario il suo bue s'inginocchiò al passaggio della processione e la famiglia allora lo donò alla festa, in segno di devozione.
Se, come talvolta succede, davanti alla chiesa il bue evacua, dalla quantità e consistenza degli escrementi si traggono auspici per l'annata agraria.



Luminaria di san Ranieri
Pisa (PI)

16 giugno

Nato da nobile famiglia pisana nel XII secolo, Ranieri era vissuto negli agi, finchè, colpito dalla vita di un sant'uomo, volle ripartire in pellegrinaggio verso l'oriente. Su di lui tuttavia non mancano storielle che dimostrano lo spirito scanzonato dei suoi concittadini. La mancanza di un dito dal suo scheletro è infatti da questi attribuita a una lite con un pizzicagnolo che glielo avrebbe tagliato per punirlo del furto di un formaggio. Tuttavia la devozione nei suoi confronti fu sempre molto intensa e quando, nel 1688, il suo corpo fu trasportato dall'altare di san Guido alla cappella dell'Incoronata, tutti i Lungarni furono illuminati da migliaia di candele. Da allora la luminaria fu ripetuta dapprima ogni tre anni e poi ogni anno. Dunque la sera del 16 giugno, 30 mila lamparini (bicchieri di vetro colorato riempiti per metà di acqua e per metà di olio su cui galleggia il lucignolo) riflettono la loro luce dalle finestre dei palazzi nelle acque dell'Arno che ne moltiplicano i bagliori.
Chiude la serata un grande spettacolo pirotecnico. Il giorno seguente si effettua una regata storica cui prendono parte quattro imbarcazioni in rappresentanza dei quartieri cittadini. Ognuna dispone di otto vogatori più un timoniere e un "montatore". Il compito di quest'ultimo è di arrampicarsi, al termine della gara, su di un pennone alto dieci metri collocato su un barcone dove è sistemato il Palio spettante ai vincitori. Agli ultimi arrivati, come vuole la tradizione, in segno di scherno sono consegnate due oche bianche. Ma i festeggiamenti per san Ranieri non sono terminati: l'ultima domenica del mese si svolge il gioco del ponte. Un tempo serviva a dare sfogo alla rivalità tra le parti della città, Mezzogiorno e Tramontana, divise dall'Arno ed era chiamato il gioco del mazzascudo. Si trattava di una vera e propria zuffa che provocava decine di feriti e non di rado morti. Nel 1490 Lorenzo il Magnifico lo proibì sostituendolo con l'attuale gioco, nel quale venti uomini per parte si affrontano sul ponte di Mezzo tentando di spingere sulla sponda opposta un carrello pesante sette tonnellate sistemato su rotaie. La gara è preceduta da un corteo cui prendono parte centinaia di figuranti in ricchi costumi sei-settecenteschi e bellissime armature.



Ostensione della Sacra Cintola
Piazza del Duomo
Prato (PO)

La Sacra Cintola è una cintura di stoffa di pelo di cammello color verde, intessuta di fili d'oro, con delle piccole nappe terminali. Di norma viene mostrata in pubblico cinque volte l'anno: Natale, Pasqua, 1º maggio, 15 agosto e 8 settembre.
Nei secoli la sacra reliquia è stata venerata da principi e imperatori, santi, vescovi e papi.
Il suono delle chiarine dei Valletti del Comune di Prato, dal pulpito di Donatello, sulla Piazza del Duomo, annuncia l'inizio del rito dell'Ostensione della Sacra Cintola.



Festa della Madonna del Pollino
Festa della Madonna del Pollino
San Severino Lucano (PZ)

Venerdì e sabato precedenti la prima domenica di luglio

Situato al confine tra la Calabria e la Lucania, il santuario della Madonna del Pollino accoglie il pellegrinaggio di migliaia di fedeli da entrambe le regioni. In questa occasione è ancora possibile ascoltare straordinari suonatori di zampogna, tamburello e organetto, che a loro modo rendono omaggio alla Madonna con suoni, canti e balli tradizionali miracolosamente rimasti intatti nonostante il rapido mutare dei tempi. Si narra che qui vi sia stata un'apparizione miracolosa della Vergine a un pastore. Questi avrebbe raccontato l'evento a due donne, una delle quali aveva il marito ammalato, e insieme si sarebbero recati sul luogo chiedendo un segno della presenza divina. Dalla terra uscì uno zampillo d'acqua nei pressi di una grotta, all'interno della quale trovarono una statuetta della Madonna. Al ritorno a casa la donna trovò il marito completamente guarito e così decise di far costruire una cappella sul luogo del ritrovamento. Da allora costante fu l'afflusso di pellegrini, i quali portano in segno di devozione ceri ed ex-voto e non di rado salgono fin quassù (il santuario è situato ad oltre 1500 metri di quota) a piedi, nonostante che ora vi sia una comoda strada asfaltata. Una volta giunti è usanza compiere tre giri intorno al santuario, dopodichè molti si accingono a passare qui la notte in improvvisate capanne, intorno alle quali si arrostiscono carni di pecora o di capra. Vi è anche chi dialoga con la statua della Madonna, parlandone a voce alta per chiedere una grazia, in un'atmosfera di intensa carica emotiva.
Buona parte della notte viene passata intonando canti religiosi, oppure s'improvvisano danze intorno al fuoco.
Sabato mattina, dopo le cerimonie religiose, la statua è messa all' "incanto" e i vincitori acquisiscono il diritto di portarla in processione.






Festa della Madonna della Sacra Lettera e della Varia
Palmi (RC)

Ultima domenica di Agosto (non annuale)

Il culto alla Madonna della Lettera trae origine dalla epistola che la Vergine avrebbe consegnato agli ambasciatori messinesi recatisi a Gerusalemme per renderle omaggio e per essere confermati nella Fede, dopo la conversione della Città operata da San Paolo. Il Sacro Capello, che la Madonna avrebbe consegnato agli ambasciatori messinesi, insieme alla famosa lettera con la benedizione “Vos et ipsam civitatem benedicimus”, è celebrato dai marinai della Congregazione del Soccorso, i quali ebbero in dono la venerabile reliquia dal Senato di Messina, a ricordo dell’aiuto prestato nella congiuntura di una calamità imperversante nella città dello Stretto. Ad essi è riservato il privilegio di portare in processione la caratteristica “varetta” con la teca del Sacro Capello, ripetendo le consuetudini del Vascelluzzo della Confraternita dei Marinai di Messina.

Ma il momento più atteso della festa è la processione della Varia, imponente carro alto 16 metri e pesante 20 tonnellate formato da una base (U Cippu) sulla quale s’innalza una struttura in ferro che assume l’aspetto di una nuvola. A partire dalla base, sulla Varia prendono posto gli Apostol, un sacerdote e due chierichetti e, verso l’alto, fra le stelle, il sole, la luna, il globo terrestre, festoni multicolori, gli Angioletti; al vertice, infine, è assisa l’Animella, la fanciulla eletta a rappresentare la Madonna, sostenuta dal Padreterno.

L’imponente carro, che rappresenta l’assunzione della Vergine al Cielo, è portato in trionfo, lungo il Corso Garibaldi e poi al centro della piazza, da 200 giovani (i mbuttaturi) delle tradizionali Corporazioni cittadine, aiutati dal popolo che tira le funi che precedono il carro.


: www.lavariadipalmi.it


La statua di San Rocco



I Giganti Mata e Grifone
Festa di san Rocco
Palmi (RC)

16 agosto

San Rocco è di certo il santo più amato, invocato e coloritamente nominato dai palmesi.
In suo onore si celebra una festa che vede una straordinaria partecipazione di penitenti i quali, per sciogliere un voto, seguono scalzi la statua del santo indossando un fascio di rami dotati di pungenti spine sulle spalle e sul petto nudo, soltanto parzialmente riparato da un'immagine di san Rocco. Le donne portano invece una corona di spine poggiata su un fazzoletto arrotolato sul capo. A sera le cappe di spine sono bruciate, mentre in chiesa le donne cantano belle litanie in onore del santo. La chiesa a lui dedicata conserva i numerosi ex-voto in cera che i fedeli offrono in ringraziamento per aver ricevuto guarigioni e benefici. Un'altra straordinaria festa si svolge a Palmi l'ultima domenica di agosto con scadenza del tutto irregolare, si tratta della Varia, dedicata alla Madonna della Sacra Lettera. Essa si struttura in varie fasi: il sabato precedente la festa si porta in giro per il paese il Palio, uno stendardo di seta rosso che reca da un lato lo stemma di Palmi e dall'altro il monogramma della Madonna in un cerchio di dodici stelle. Un uomo robusto lo fa roteare orizzontalmente negli slarghi al suono di tamburi e grancasse. Altri uomini portano sulle spalle i "giganti", due statue di cartapesta raffiguranti i mitici fondatori di Messina: Mata e Grifone (lei bianca e lui nero). Essi sono fatti ballare dai portatori al ritmo incalzante dei tamburi. Domenica poi viene il momento della Varia (cioè "bara", da cui appunto esce la Vergine per volare in cielo), un gigantesco carro di forma piramidale che raffigura l'Ascensione di Maria. Sui fianchi, fra astri e nuvole vi sono, legati per la vita, bambini vestiti da angeli che sono fatti roteare da un meccanismo. In cima, su un piedistallo, vi è il Padreterno, un uomo che sembra reggere con la mano una bambina (l'Animeddha) seduta su un seggiolino che pare veleggiare nell'aria a sedici metri di altezza.
La macchina viene trascinata su slitte lungo il corso principale, tirata da centinaia di uomini e parzialmente sollevata da altri che si sistemano sotto delle lunghe travi. L'effetto è scenograficamente imponente e assai emozionante e quando infine la Varia si arresta nel centro della piazza, oscillando paurosamente, un applauso liberatorio si leva spontaneo dalla folla



Festa della Madonna di Polsi
Santuario di Polsi
San Luca (RC)

Dalla fine di agosto alla prima domenica di settembre

Intensa è la devozione che i credenti calabresi dimostrano alla Madonna di Polsi (detta anche "della Montagna"). Fino a non molti anni fa la strada che conduceva al santuario era assai impervia e poteva essere percorsa solo a piedi (o a cavallo, per i più fortunati), ma era tuttavia transitata da migliaia di pellegrini, talvolta carichi di pesanti ex-voto di cera da offrire alla Madonna. L'origine del santuario risalirebbe al lontano 1144, quando la Vergine sarebbe apparsa a un pastore mentre era intento a cercare un vitello smarrito.
Egli lo trovò inginocchiato davanti a una croce che aveva scavato con le sue stesse zampe.
Qualche tempo dopo i monaci basiliani eressero in quel luogo un santuario, ma soltanto nel 1560 deposero nella nicchia centrale una statua di Maria col Bambino. Molti fedeli trascorrono la notte all'interno della chiesa cantando litanie sacre, altri sono ospitati in un vicino convento. In baracche erette nei pressi del santuario si accendono fuochi dove si arrostiscono capretti e agnelli. Per vari giorni si svolgono funzioni religiose e alcune processioni.
Nel corso di una di queste i portatori compiono una strana giravolta, anch'essa legata a una leggenda. Si racconta appunto che ai tempi in cui viveva la Sibilla cumana questa fosse convinta, grazie alla sua bellezza e sapienza, che sarebbe toccato a lei generare il Salvatore. Quando scoprì che l'onore era toccato a Maria di Nazareth, se ne lamentò con suo fratello Marco, il quale andò alla ricerca di Gesù e, una volta trovatolo, lo colpì con la mano sulla guancia. Immediatamente Marco fu trasportato per intervento divino in una grotta dell'Aspromonte e fu costretto a battere con quella stessa mano, tramutata in mazza di ferro, il cancello della sua prigione, dove fu rinchiusa anche la sorella.
La giravolta della statua starebbe appunto a indicare il rifiuto da parte della Madonna il vedere la grotta maledetta.



Festa della Madonna dei Poveri
Seminara (RC)

15 agosto

E' una delle feste più importanti della regione e raccoglie migliaia di fedeli che in gran parte passano la notte in chiesa cantando bellissimi inni dedicati alla Madonna. In paese girano i "giganti", due enormi fantocci di cartapesta portati a spalle ciascuno da un uomo che, tra il rullare dei tamburi (i cui suonatori sono considerati da sempre i piu bravi della provincia), lo fa danzare per le vie del paese. Essi raffigurano Mata e Grifone (lei una bianca bellezza indigena e lui, il conquistatore saraceno, moro e con una folta barba nera), mitiche figure fondatrici. All'origine della festa vi è un miracoloso ritrovamento, avvenuto nelle campagne circostanti intorno all'anno Mille, della statua di una Madonna nera. Questa si rivelò inamovibile di fronte ai tentativi di spostarla compiuti dalle autorità civili e religiose, mentre divenne lieve quando provarono a sollevarla i più umili popolani i quali, da quel momento, la acclamarono e venerarono come la Madonna dei poveri. La fase culminante delle celebrazioni è il pomeriggio del 14, quando la statua è portata in processione e riceve l'omaggio di fede e di ricchi doni (anche in denaro) da parte dei pellegrini che giungono da tutti i paesi vicini.


Festa della Madonna delle Milizie
Scicli (RG)

Ultimo Sabato di Maggio

Sacra rappresentazione della battaglia tra normanni e saraceni, al termine della quale Maria Santissima delle Milizie scese dal cielo sopra un destriero bianco per salvare gli sciclitani dalle invasioni degli infedeli. La prima fonte scritta che ci parla della rappresentazione della battaglia tra cristiani ed infedeli risale alla fine del 1400.


La Cavalcata di San Giuseppe
Scicli (RG)

19 marzo

La cavalcata rappresenta la fuga in Egitto della sacra famiglia. Tutti coloro che possiedono un cavallo, un asino o un mulo si impegnano a addobbarlo con fiori: in particolare si preferisce usare u balucu, un fiore di campo di colore viola e dall'intenso profumo. Al collo delle bestie si appendono campanacci e i cavalieri indossano costumi tradizionali siciliani. Verso l'imbrunire, nella piazza principale, si scelgono le decorazioni più belle e ai cavalieri che le hanno realizzate vengono consegnati fasci di robuste spighe chiamate ciaccare. A questo punto dalla chiesa escono i membri della sacra famiglia e si da il via alla cavalcata per le strade del paese, dove nel frattempo i giovani hanno raccolto a gara della legna per allestire dei grandi falò. Al passaggio del corteo si appicca il fuoco ai falò, ai quali i cavalieri accendono le ciaccare.
Il riverberare dei falò che vanno spegnendosi illumina il ritorno dei cavalieri e la festa si chiude.



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