ITALIA 
LOMBARDIA
Bergamo
Brescia
Como
Cremona
Lecco
Mantova
Milano
Monza e Brianza
Sondrio
 
MANIFESTAZIONI
Feste Carnevalesche
Feste Religiose
Sagre
Tradizioni
 
CONTATTACI 
FORUM 
PREFERITI 
HOME PAGE 



Sagra di San Giovanni all'Isola Comacina
Ossuccio (CO)

Domenica successiva al 24 giugno

La festa ha avuto origine cinque secoli fa per commemorare la devastazione dell'Isola Comacina avvenuta il 24 giugno del 1169 da parte dei comaschi, che vollero così punire gli abitanti per la loro opposizione all'imperatore Federico Barbarossa. La rappresaglia fu durissima: furono abbattute le fortificazioni, le case e la chiesa di sant'Eufemia, la popolazione sopravvissuta fu costretta a rifugiarsi sull'altra sponda del lago, a Varenna, che fu così battezzata Insula nova. Narra una leggenda che tre secoli dopo l'orrenda strage, nel XV secolo, un pellegrino invitò un abitante del posto a scavare sotto un noce e così furono ritrovati i ruderi dell'antica chiesa. Per gli abitanti fu come ritrovare la propria memoria storica: ricostruirono la chiesa e da allora ogni anno, nella ricorrenza di san Giovanni, vollero ricordare quel tragico evento con una processione verso l'isola che fronteggia. Ossuccio.
La sera della vigilia il lago viene sfarzosamente illuminato (un tempo si usavano i lumini a olio posti nei gusci delle lumache lacustri, denominati lumaghitt, ma oggi si adoperano ceri collocati nelle barche, sui balconi delle case e nelle contrade). Un grande spettacolo pirotecnico simboleggia l'incendio e la distruzione dell'isola e illumina a giorno il braccio di lago tra l'isola e la terraferma, chiamato Zoca de l'oli. Domenica pomeriggio si effettua la processione che riporta sull'isola le antiche reliquie che un tempo vi erano custodite. Le autorità, i sacerdoti e la popolazione prendono posto sulle caratteristiche barche lacustri, dette lucie, pittorescamente addobbate e condotte da cittadini in abiti tradizionali. Dopo la funzione religiosa si organizza un'allegra scampagnata nei prati che circondano la chiesa.



Ristorazione: Locanda dell'Isola Comacina
Festa della Giubiana
Provincia di Como e Alta Brianza

Ultimo giovedì di gennaio

I rituali per festeggiare la fine di gennaio sono tuttora molto vivi in molti paesi della Lombardia e spesso sono tra i più divertenti e allegramente rumorosi. Fra questi vi è la festa della Giubiana o Gibiana, in cui è protagonista un fantoccio con sembianze di donna che viene preparato dai ragazzi con stracci e bastoni e poi grottescamente addobbato. Esso prende il nome dal giovedì (giöbia), giorno in cui, secondo la tradizione, le streghe si riunivano per i loro riti satanici. Il fantoccio è portato in giro per il paese da un rumoroso corteo che batte pentole, campanacci e rudimentali grancasse e infine bruciato per esorcizzare le forze maligne, mentre i giovani intorno al falò cantano filastrocche satiriche. La rumorosa sfilata ha lo scopo di sollecitare l'erba a crescere e si richiama a un antico rito contadino presumibilmente precristiano.
Cantù, Albavilla, Cesano Maderno, Seregno sono alcune delle cittadine coinvolte in questo rito antico e popolare. A Veduggio affermano che la festa si svolge qui dal 1859 con una caratteristica che la differenzia da altre simili: mentre si brucia il fantoccio, i giovani usano gettare nel fuoco bigliettini appallottolati in cui sono segnalati avvenimenti da scongiurare.



Festa della Beata Vergine di Loreto
Festa della Beata Vergine di Loreto
Lanzo d'Intelvi (CO)

Ultima domenica di gennaio

Si svolgono tre processioni in cui è condotta per le strade del paese la famosa Madonna Nera, che porta sulle spalle un fastoso mantello riccamente adornato. Il sabato sera si trasportano i candelabri e tutto quanto serve per la festa nel secentesco Santuario, domenica alle 14 avviene poi la processione più importante e il lunedì infine si svolge la processione inversa per riportare le suppellettili.
Nell'occasione le strade sono variamente addobbate e illuminate e la Madonna è preceduta da un corteo di bambini vestiti da angioletti, fraticelli ecc., i quali portano stendardi e rappresentazioni dei Misteri religiosi, segue la banda del paese. Il Santuario rimane aperto tutta la notte del sabato per dare ricovero ai numerosi devoti. La domenica ha luogo anche il tradizionale incanto dei canestri ricolmi di ogni ben di Dio e la sera si svolge una tombolata in piazza. La festa si chiude con un animato veglione.



Carnevale dei "Belli" e dei "Brutti"
Schignano (CO)

Carnevale

Qui il carnevale si caratterizza per le splendide maschere lignee e per una curiosa differenziazione fra i due tipi di travestimento prevalenti: i "belli" e "brutti". I primi indossano raffinati costumi composti di pantaloni alla zuava a motivi floreali, la parte superiore del corpo è rivestita da una sacca ripiena di foglie di faggio e ricoperta di pizzi e scialletti.
Il cappello è ornato di fiori di carta e tessuto (ma anche di plastica) e impreziosito da bamboline, uccelli di stoffa, fiocchi colorati e penne di fagiano. Dalla base posteriore del cappello scende una cascata di nastri multicolori.
Il "brutto" è una maschera dall'apparenza inquietante e demoniaca, indossa abiti poveri e stracciati e si sforza di accentuare l'aspetto dimesso sottolineato dall'accostamento con oggetti d'uso quotidiano: scope, valigie di cartone, ombrelli rotti. Si imbottisce il corpo di paglia, si fascia di pelli di pecora e questa sorta di bardatura servirà ad attuire l'impatto con la terra ogni volta che egli vi si getta a corpo morto rimanendo disteso alcuni minuti per recuperare le fatiche dovute ai movimenti scomposti e alle improvvise corse cui si abbandona. Spesso si lega sulle spalle dei fragorosi campanacci allo scopo di creare scompiglio e paura fra il pubblico. La sua gestualità è spesso minacciosa e si contrappone ai movimenti eleganti e cerimoniosi dei "belli". Altra figura caratteristica è il sapör (zappatore), considerato la maschera più antica, simbolo del primitivo abitatore della valle. L'abbigliamento ne testimonia il legame con la società arcaica: indossa pelli di pecora, con copricapo di pelo di forma conica e ha gambali di canapa che ricordano le soprascarpe invernali dei montanari. I sapör hanno il viso ricoperto di fuliggine, barba e lunghi baffi posticci arrotolati verso l'alto, al collo portano una zucca svuotata a mò di borraccia e sulle spalle un'ascia di legno. Responsabile dell'ordine della manifestazione è la sigurtà, una o due persone che conoscono l'identità dei mascherati e ne garantiscono il comportamento, portando una fascia a tracolla e un cappello militare. Essi si pongono alla testa del corteo, subito dietro la piccola banda (fugheta) che improvvisa allegre marcette. Dietro queste maschere ve ne sono altre di contorno, alcune sempre legate alla tradizione locale come la ciocia (un uomo travestito da vecchia che non perde occasione di alzare la gonna per mostrare i suoi ampi mutandoni), altre di fattura più libera. Il corteo si muove verso le 14 e una volta completato il giro delle frazioni raggiunge la località Cima dove, legato a una slitta e sorvegliato da finti soldati sta il Carlisepp, un uomo mascherato imbottito di paglia la cui identità rimane sconosciuta a tutti. Tra il compianto generale, il Carlisepp è portato a spalle fino in piazza, dove è stato preparato un rogo, infine è deposto a terra e slegato.
Tutte le maschere in lacrime gli si affollano intorno in un vano tentativo di rianimarlo, mentre la ciocia si lamenta a gran voce. Alla sera un fantoccio che lo raffigurava è deposto sul rogo mentre i vari personaggi agitano i campanacci e rovesciano le maschere in segno di disperazione: carnevale muore e ci si avvia mestramente verso la Quaresima.



Trovati: 4