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Presepe francescano
Greccio (RI)
24 dicembre
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Il primo a ideare un presepe vivente fu san Francesco che proprio qui, ispirandosi a una tradizione liturgica risalente al IX secolo, volle riprodurre la Natività del Cristo. Rifacendosi dunque alle sacre rappresentazioni, il poverello d'Assisi nel 1223 decise di riproporre l'evento in una grotta nei pressi del convento abbarbicato sulla montagna. Di questo avvenimento parlano tutti i biografi del santo, da Tommaso da Celano a Bonaventura da Bagnoregio, e proprio le parole di quest'ultimo ci sembra utile ricordarle qui: "Fece preparare una stalla, vi fece portare del fieno e fece condurre sul luogo un bove e un asino. Si adunano i frati, accorre la popolazione; il bosco risuona di voci e quella venerabile notte diventa splendente di innumerevoli luci, solenne e sonora di laudi armoriose. L'uomo di Dio stava davanti alla mangiatoia, ricolmo di pietà, cosparso di lacrime, traboccante di gioia. Il santo sacrificio viene celebrato sopra la mangiatoia e Francesco, levìta di Cristo, canta il santo Vangelo. Predica al popolo e parla della nascita del re povero e, nel nominarlo, lo chiama, per tendenza d'amore, il bimbo di Betlemme". Ancora oggi a Greccio si rinnova quel presepe vivente. Già nel pomeriggio coppie di zampognari percorrono le vie del paese suonando nenie natalizie. La sera poi araldi a cavallo convocano la gente a raccolta nei pressi del santuario. Dopodichè i fedeli si avviano, al lume delle fiaccole, lungo la strada che conduce al monte, mentre tutte le campane suonano a stormo. Nel piazzale del tempio si ripropongono le rappresentazioni dei quadri viventi in costumi medievali, arricchiti di dialoghi e cori. Poco prima della mezzanotte un corteo si dirige verso la grotta dove, presso una mangiatoia, un uomo impersona il santo che tiene in braccio il bambin Gesù. Dopo la celebrazione della messa si distribuisce il fieno benedetto a tutti i fedeli.
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Festa de' Noantri
Roma (RM)
A partire dalla terza domenica di luglio
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Festa del rione di Trastevere, che per alcuni giorni vive un clima da sagra paesana in occasione della festa della Madonna del Carmelo. Secondo una leggenda sorta nel XVI secolo, un giorno alcuni fiumaroli stavano pescando sulle rive del Tevere, quando improvvisamente uno di loro vide attaccata al suo amo una cassa che conteneva una statua della Madonna. Da allora si decise di ricordare il miracoloso ritrovamento con una festa. Una processione trasferisce la statua dalla chiesa di sant'Agata alla Lungaretta (in cui è custodita) fino a san Crisogono, dove rimane otto giorni prima di essere ricondotta nella sua sede. La processione è organizzata dall'arciconfraternita del SS. Sacramento e di santa Maria del Carmine, i cui aderenti indossano un saio bianco. Le strade del quartiere sono illuminate da lampadine colorate, i marciapiedi sono invasi da innumerevoli bancarelle e chioschi gastronomici, le osserie all'aperto sono sempre affollate, si assiste a concerti di banda, spettacoli teatrali, folkloristici e musicali. Infine, la mezzanotte dell'ultimo giorno, vi sono i fuochi artificiali sull'isola Tiberina.
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Festa dell'Inchinata
Tivoli (RM)
15 agosto
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La festa vuole rappresentare il momento in cui la Vergine Maria, nell'attimo della dormizione (trapasso), vede apparire il suo divino figliolo. Ecco dunque che nel rispetto di una tradizione risalente all'alto medioevo, gli araldi chiamano a raccolta gli abitanti che poi si dividono in due processioni, una delle quali accompagna una Madonna dipinta da Jacopo Torritti nel XIII secolo, l'altra un trittico a tempera raffigurante il Salvatore benedicente. Le due sacre immagini sono state lasciate vicine durante la notte e si sostiene che fra di loro siano intercorse parole di tenero affetto. I due cortei, dopo aver percorso tragitti diversi, si incontrano infine in piazza santa Maria Maggiore sotto archi trionfali di mortella e in quel momento scoppia una filza di mortaretti. Qui, tra una nube di fumo le due effigi vengono avvicinate, poi per tre volte l'immagine di Gesù e quella della Vergine si inchinano l'una verso l'altra, mentre i fedeli implorano misericordia ad alta voce.
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Pianto delle zitelle
Vallepietra (RM)
Prima domenica dopo Pentecoste
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Si tratta di un pellegrinaggio al santuario della santissima Trinità, scavato in una enorme grotta su una parete a strapiombo, al quale partecipano migliaia di fedeli che s'inerpicano sui 1300 metri del monte Autore (due ore circa di cammino dal paese) a partire dalla sera di sabato. A mano a mano che giungono i fedeli entrano nel tempio procedendo in ginocchio, con una curiosa ondulazione del corpo e della testa protesa in avanti. All'alba della domenica ha luogo il "pianto delle zitelle", una sorta di sacra rappresentazione dedicata al Cristo morto eseguito da una ventina di donne e ragazze del paese, che si tramandano questo privilegio di madre in figlia. Ognuna di loro rappresenta un personaggio (Giuda, Pilato, Maddalena, la Vergine), oppure gli strumenti della Passione (la croce, i chiodi, la spugna, la lancia, la corona di spine). Sono tutte vestite di nero, tranne quella che impersona la Madonna, che porta un velo azzurro. Nello spazio antistante il santuario le donne eseguono il "pianto" che si compone di canti a solo intercalati da un coro di tre voci. La straziante melodia è unica per tutti i Misteri e i testi sono di composizione settecentesca. Dopo un canto in lode della Trinità, cui i presenti rispondono a ogni strofa, ciascuna delle "zitelle" descrive, cantando con accorata espressività, la funzione avuta nel martirio del Cristo. Al termine dell'emozionante manifestazione il vescovo si affaccia sulla loggia e benedice i fedeli.
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I "Pasquali"
Bormio (SO)
Domenica di Pasqua
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Si tratta di una fra le più caratteristiche tradizioni popolari della Valtellina che coinvolge i singoli rioni del paese, impegnano gruppi di giovani ognuno dei quali sceglie un tema attinente alla Pasqua a cui dedicare una sorta di carro allegorico. I materiali sono tratti dalla natura: muschio, fiori e legno e con questi si costruiscono dei tabernacoli, dedicati all'argomento prescelto, che poi verranno appoggiati su una elaborata portantina. L'agnello è sempre presente, adagiato tra il muschio e adorno di un nastro rosso intorno al collo, oppure affiancato a simboli di speranza. Ognuno dei gruppi conduce in chiesa un agnellino vivo tenuto fra le braccia da un pastorello o appoggiato su un canestrino intrecciato e la sfilata termina in piazza del Kuerc (che significa coperchio, uno spazio porticato dove anticamente si amministrava la giustizia), qui verrà la benedizione dei "Pasquali" sul sagrato della vicina chiesa. I cortei sono composti da giovani indossanti gli antichi costumi tradizionali, gli uomini portano pantaloni neri, calzari bianchi con nastro rosso, cappello nero e fascia rossa in vita, sulle spalle è arrotolato il mantello a ruota. Il costume femminile ricalca i colori dei compagni ma è ravvivato da uno scialle variopinto.
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Festa di santa Lucia
Siracusa (SR)
13 dicembre
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Lucia, vergine siracusana di buona famiglia, subì il martirio sotto Diocleziano nell'anno 304: fu fatta trascinare dai buoi e le furono cavati gli occhi. Secondo altri fu lei stessa a strapparseli e a gettarli a un tale Pascasio, che si era innamorato di lei. Da allora fu eletta santa patrona della città e anche universalmente invocata come protettrice della vista. La sua statua nel giorno della ricorrenza viene posta su una bara dorata e portata in processione dalla cattedrale, situata sull'antica isola Ortigia, cuore della città vecchia, alla chiesa a lei dedicata nell'omonimo borgo di terraferma dove si trova ancora la colonna cui, secondo la tradizione, fu legata dai suoi persecutori. Il popolino sostiene che la statua impallidisce ogni volta che passa davanti alla colonna. Dopo otto giorni il simulacro argenteo della santa, alto quasi quattro metri e contenente le sue reliquie, seguito da un grande corteo in costumi settecenteschi e preceduto da devoti che portano ceri votivi, ripercorre a ritroso lo stesso percorso fra luminarie, musiche e fuochi d'artificio. In questi giorni non si mangia pane, ma soltanto legumi, verdure e panella, una sorta di polenta di farina di ceci. Piatto tipico è anche la cuccia, grano ammollato e cotto con altri legumi in acqua o latte. Questa usanza sarebbe sorta in seguito a un miracoloso evento del XIII secolo, quando dal cielo cadde, durante la festa della santa, una prodigiosa pioggia di frumento.
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Processione del Venerdì Santo
Savona (SV)
Venerdì santo
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Fin dal 1200, nella piazza antistante la Cattedrale si N.S. Assunta si svolgevano flagellazioni penitenziali in occasione del venerdì santo. Quando furono vietate, le dieci confraternite organizzarono processioni con statue lignee chiamate casse. La manifestazone si tiene solo negli anni pari.
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La Processione dei Misteri
Taranto (TA)
Settimana Santa
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Giovedì a mezzogiorno escono dalla chiesa dell'Addolorata per fare il giro dei Sepolcri i confratelli della congregazione del Carmine, chiamati perdune in ricordo degli antichi pellegrini che si recavano a Roma per richiedere il perdono dei loro peccati. Incappucciati e vestiti con una lunga tunica bianca, a piedi nudi e talvolta incoronati di spine, i perdune vanno in giro a coppie e quando si incontrano si inchinano reciprocamente in modo cerimonioso. Si spostano con lentezza estenuante, appoggiandosi a un bastone bianco, dondolandosi e trascinando i piedi. Verso la mezzanotte la processione dell'Addolorata si avvia dalla parrocchia di san Domenico e attraversa l'intera città sostando in tutte le chiese. In ognuna di esse la Madonna, che indossa una lunga veste nera e tiene nella mano un cuore rosso trafitto da uno stiletto, è alla ricerca del sepolcro del figlio. Ogni tappa può durare diverse ore a causa del suo lentissimo incedere, quasi un dolce cullare ritmato da tristi marce funebri e lugubremente scandito dalla troccola, uno strumento composto da una tavoletta di legno munita di quattro batacchi di ferro. La processione impiega oltre dodici ore per percorrere circa quattro chilometri e procede tutta la notte alla tremula luce di fiaccole e ceri. Venerdì pomeriggio escono i Misteri, sostenuti dai perdune. Si tratta di sette statue in legno, cartapesta e tela che rappresentano Gesù nel giardino degli ulivi, Cristo alla colonna, l'Ecce Homo, la Caduta, Gesù alla croce, la Sacra Sindone, Cristo morto e la Madonna. L'affidamento delle statue per il trasporto (che dura anch'esso tutta la notte) avviene attraverso una vera e propria asta che si svolge la domenica delle Palme e alla quale possono partecipare soltanto i confratelli del Carmine. Il sabato santo è giorno di tristezza e di meditazione fino a mezzanotte, quando uno scroscio di campane annuncia la resurrezione del Signore.
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Gli "Spadonari"
Giaglione (TO)
22 Gennaio
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La festa qui si svolge in onore del patrono san Vincenzo di Saragozza. Al termine della funzione religiosa l'intero paese si raccoglie sul sagrato per assistere a una curiosa "danza delle spade". Il gruppo degli "spadonari" è formato da quattro robusti giovani che, accompagnati dalla banda musicale, eseguono un certo numero di figure e movimenti coreografici maneggiando abilmente delle spade. Essi indossano camicia e guanti bianchi, pantaloni blu, un vivace corpetto con frange, decorazioni e ricami, un grembiulino e un variopinto copricapo ovale ornato di fiori, frutti e nastri colorati. Usano spadoni lunghi circa 130 centimetri che tengono con entrambe le mani. La danza si svolge nel cortile della chiesa, i giovani formano un gruppo che poi si scioglie, intrecciano e urtano le spade l'una contro l'altra, poi le lanciano in aria e le riafferrano al volo con destrezza. L'arrivo in piazza per l'esibizione, e poi la partenza dalla stessa, avvengono a passo ritmico e le spade sono mosse con grazia solenne. Dietro la banda procede una ragazza che sostiene il bran, una intelaiatura di legno alta un paio di metri sovraccarica di addobbi e decorazioni, fiocchi e nastri colorati con al centro un grosso pane che poi viene spezzato e distribuito tra i presenti. Dietro di lei vi sono le priore, un gruppo di sei donne che presiedono le manifestazioni pubbliche e indossano i costumi tradizionali savoiardi. Vari sono stati i tentativi d'interpretazione di questa danza (che in forme simili si ripete anche a Venaus e a San Giorio di Susa, ma che tuttavia è diffusa anche in altre aree), si è sostenuto che sia stata originata da una vendetta nei confronti di un feudatario tirannico e libidinoso, o anche che possa essere collegata a riti di fertilità. Secondo altri l'origine va ricercata nella tradizione bellica dei celti. La danza è spesso ripetuta in altri periodi dell'anno: la domenica successiva dal 22 gennaio, il giorno del Corpus Domini, il 7 ottobre e il 22 novembre.
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I Misteri
Trapani (TP)
Venerdì e sabato santo
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Venti gruppi statuari (Misteri) realizzati con legno, tela e colla, ravvivati da una sobria coloritura e di grandezza quasi naturale, rappresentano le varie fasi della Passione di Cristo. Sono veri capolavori di arte popolare e alcuni risalgono al XVI-XVII secolo. I rappresentanti delle Associazioni delle Arti e dei Mestieri li hanno fatti costruire e poi, nel corso dei secoli, li hanno rivestiti e arricchiti con stoffe, ornamenti, metalli preziosi. Ciascuno appartiene a un'Associazione che ne prende cura, mentre quello denominato l'Ascesa al Calvario, in cui con toccante drammaticità si raffigura la caduta di Gesù sotto il peso della croce, appartiene a tutta la popolazione. La processione parte nel primo pomeriggio di venerdì santo dalla chiesa di san Michele e termina alle otto del mattino dopo. Apre la sfilata la confraternita di san Michele, in tonaca rossa e con il capo ricoperto da un cappuccio bianco. Seguono bambini vestiti da angeli e poi i Misteri portati a spalla da uomini robusti che si muovono con un passo ritmicamente ondulatorio chiamato annacata, scandito dal suono di tristi marce funebri. Questo caratteristico passo è oggetto di attenta valutazione e i gruppi fanno a gara per eseguirlo al meglio. Le donne che seguono la processione sono vestite a lutto e alcune procedono a piedi nudi. Torce e fiammelle, decorazioni luminose e fuochi delineano le ombre nere dei penitenti. Verso le 21 il corteo giunge in piazza Vittorio e qui si arresta. Davanti a ogni Mistero si recita il brano del Vangelo che lo ricorda e la folla si sposta a mano a mano dall'uno all'altro seguendo le letture. Al termine il vescovo celebra la messa solenne e pronuncia il suo sermone. Poi i portatori si caricano nuovamente i Misteri sulle spalle e, concedendosi ogni tanto un breve riposo, attraversano lentamente le vie della città fino ad arrivare, quando ormai è mattino, alla chiesa di san Michele. La statua della Madonna ripercorre tuttavia un nuovo giro e da finestre e balconi piovono fiori bianchi che ricoprono graziosamente la Vergine.
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Festa della Palombella
Orvieto (TR)
Pentecoste
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La festa fu istituita nel XV secolo per iniziativa della nobildonna Giovanna Moraldeschi e si proponeva di rievocare la discesa dello Spirito Santo sugli apostoli. Il giorno di Pentecoste sul tiburio della chiesa di san Francesco, posta di fronte allo splendido duomo, si colloca un'edicola raffigurante l'empireo in cui si vede una colomba legata per le ali con un nastro rosso a una raggiera. Sulla gradinata del duomo viene intanto collocato un tabernacolo gotico raffigurante il Cenacolo. A mezzogiorno, scatenati dal suono di una campana, dall'empireo scoppiano fuochi artificiali, mentre una colomba meccanica, sospinta da piccoli razzi, scende verso il tabernacolo lungo un filo metallico e, proprio come descritto negli Atti degli apostoli, accende fiammelle sulle teste della Vergine e dei primi seguaci di Cristo. Una volta raccolta, la palombella è consegnata al vescovo, che a sua volta la dona a una coppia di sposi. Un tempo dalla regolarità del volo della colomba si traevano auspici sull'andamento dell'annata agricola.
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Festa del Pignarul
Tarcento (UD)
5-6 gennaio
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Al calar della sera un lungo corteo di persone, indossanti ricchi ed elaborati costumi del Trecento e con una fiaccola in mano, sale in cima al colle di Coia; seguono i Re Magi e un uomo che porta una lunga pertica sulla quale è raffigurata una stella. Insieme con il corteo sfila una delegazione di contadini che porta in omaggio castagne e vino nuovo a due personaggi che rappresentano i primi signori del luogo, Articone e la consorte Soladamor. Giunti in cima, nei pressi del castello dei Frangipane, il corteo incontra un personaggio con una lunga barba bianca che impersona il vecchio Venerando. Questi dall'alto di un palco racconta a tutti la storia di Tarcento e quella dei fuochi. In seguito accede con gesti solenni un grande falò detto Pignarul, sulla cima del quale vi sono mannelli di ginepri. A questo segnale sui monti vicini si accendono tanti altri fuochi che brillano nella notte. Dalla direzione delle fiamme si trarranno i presagi per l'annata agricola. Nel frattempo in paese inizia la festa con danze, canti, coppe di vino augurale e tavole imbandite a base di muset e bruade (cotechino e rape). La cerimonia è frutto della cristianizzazione di un antico rito in cui si celebrava la nascita del nuovo sole aiutandolo a crescere attraverso lo stimolo del fuoco.
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Bacio delle Croci
Zuglio (UD)
Ascensione
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La cerimonia si svolge da oltre un millennio. In una lunghissima e pittoresca processione le croci appartenenti a una trentina di parrocchie distribuite nella vallata, confluiscono nella chiesa matrice di san Pietro, dopo aver percorso i ripidi sentieri che portano sul colle dove è situato il paese. I cortei partono di buon mattino e percorrono anche distanze molto lunghe. Non è raro anche il caso che le croci siano piantate da vecchi venerandi, che affrontano con devozione l'estenuante cammino. Una volta a Zuglio le croci, che sono addobbate con i nastri multicolori donati dalle giovani andate a nozze durante l'anno, si schierano nell'atrio della pieve. Quando sono chiamate dal cerimoniere sfilano davanti alla croce di san Pietro e ognuna le si accosta per un simbolico bacio di devozione. Al termine della benedizione la gente si disperde nei prati, mentre le massaie cuociono i prelibati cialzons, grossi agnolotti ripieni di ricotta ed erbe aromatiche conditi con burro fuso leggermente zuccherato.
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Festa della Madonna della Salute
Venezia (VE)
21 novembre
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La processione raccoglie una vasta partecipazione popolare e si svolge in direzione dell'omonima chiesa edificata su un isolotto affiorante sullo sbocco del Canal Grande. Essa fu istituita in ringraziamento per la cessazione di una terribile pestilenza che colpì la città nel 1630. La chiesa, eretta su disegno di Baldassarre Longhena tra il 1631 e il 1687, ha base ottagonale perché, come lasciò scritto l'architetto, avesse la forma di una corona da dedicare alla Vergine. Per consentire alla popolazione, guidata dal patriarca e dalle autorità, di raggiungere la chiesa, si getta un ponte provvisorio sul Canal Grande che si regge su piattaforme galleggianti. Le strade sono adornate con addobbi sacri e ceri e sul campo della Salute bancarelle vendono dolci e giocattoli. Al termine è tradizione consumare la "castradina", un piatto di origine slava a base di montone affumicato con zuppa di verze e innaffiato di vino nuovo.
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I Misteri di Santa Cristina
Bolsena (VT)
23 e 24 Luglio
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Olio bollente, lame affilate e uncini acuminati, verghe similanti e viscide serpi, sono alcuni degli strumenti di tortura usati per il martirio di santa Cristina, che ogni anno viene ricordato in questa cittadina laziale adagiata sulle coste del lago omonimo. Si narra che Cristina, figlia del prefetto Urbano, al tempo delle persecuzioni promosse da Diocleziano nel III secolo, abbia voluto convertirsi alla nuova fede, grazie all'opera di proselitismo di una sua ancella. Il padre tentò di dissuaderla rinchiudendola in un'ala del palazzo assieme ad alcune delle sue ancelle, ma senza ottenere il risultato sperato, anzi la fanciulla donò ai poveri tutti i suoi averi. A questo punto Urbano, anche per salvaguardare la sua autorità pubblica, la sottopose a crudeli e interminabili supplizi, e i tormenti continuarono anche dopo la morte dello snaturato padre per opera dei suoi successori, finchè la povera giovane rese l'anima al cielo, lasciando tuttavia una testimonianza della propria santità: l'impronta dei suoi piedi su una pietra alla quale gli aguzzini l'avevano legata perché sprofondasse nel lago. La sera della vigilia, dopo l'esposizione delle reliquie della santa e una solenne processione, la statua che la raffigura viene deposta nel castello, dove passa la notte. Il giorno seguente la processione ripete a ritroso il tragitto verso la cattedrale. Lungo i due percorsi, uno notturno e l'altro diurno, in cinque punti della cittadina, su palcoscenici improvvisati, la popolazione realizza dei quadri plastici (Misteri) che riproducono episodi della sua vita e del suo martirio. Si tratta di una sorta di sacra rappresentazione, assai intensa e drammatica, nel corso della quale gli attori rimangono immobili per alcuni minuti, dopodichè cala il sipario ed essi possono riposarsi. La giornata si chiude con un grande spettacolo pirotecnico.
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La Barabbata
Marta (VT)
Terza domenica di Maggio
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La festa della Madonna del Monte, detta la barabbata o delle "passate", rientra nel quadro delle festività primaverili che in tempi assai antichi venivano organizzate per celebrare il risveglio della natura e al tempo stesso per chiedere agli dèi fertilità e abbondanza. Il nome di "passate" deriva da un avvenimento del 1704 quando gli abitanti organizzarono una manifestazione di protesta contro il cardinale Antonio Barbarigo, che voleva porre un freno alla rilassatezza dei costumi dei padri Minimi. Gli abitanti entrarono e uscirono tre volte (fecero tre "passate") dalla chiesa suonando e schiamazzando. Negli anni seguenti la cosa si ripeté, pur tra alti e bassi dovuti alle pressioni ecclesiastiche tese a modernare gli eccessi di tipo carnevalesco (definiti barabbate, da Barabba, il ladrone del Vangelo). Oggi si svolge una spettacolare processione che parte al mattino dalle sponde del lago di Bolsena, su cui il paese si affaccia, per poi salire fino al santuario dedicato alla Madonna del Monte, distante qualche centinaio di metri dall'abitato. Vi prendono parte le quattro corporazioni dei casenghi (gli uomini di fiducia nelle fattorie), dei bifolchi (addetti al bestiame), dei villani (contadini) e dei pescatori, ognuno portando gli strumenti del proprio lavoro e i frutti di esso, che sono simbolicamente offerti alla Madonna. Precedute dal rullo dei tamburi le corporazioni attraversano per tre volte, passando dalla porta della sacrestia, l'atrio del santuario, mentre i sacerdoti offrono loro delle ciambelle a forma di serpente attorcigliato.
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La "Macchina di Santa Rosa"
Viterbo (VT)
Prima domenica di settembre
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Santa Rosa è la patrona di Viterbo; intorno a questa delicata e coraggiosa figura, vissuta solo diciassette anni verso la metà del XIII secolo, corrono molti racconti, ammantati di storia e leggenda. Il suo corpo fu rinvenuto intatto dopo sette anni dalla morte e fu traslato, per volontà di papa Alessandro IV, con una solenne processione dalla cappella in cui era stato provvisoriamente deposto a quello che poi diverrà il santuario a lei dedicato. A partire dal Seicento tuttavia il semplice baldacchino che serviva a portare in processione l'immagine della santa, si trasformò in una macchina monumentale: un altissimo obelisco fiorito di figurazioni simboliche e punteggiato di lampadine, il cui trasporto impegnava una quantità di uomini in una prova notevole di forza. Oggi la "torre che cammina" è una guglia di cartapesta alta una trentina di metri che raggiunge il peso di quaranta quintali. Cento "facchini", scelti con molta cura, provvedono a imprimerle il movimento. Non è facile essere accolti nella confraternita laica incaricata di questo compito, gli aspiranti, infatti devono sottoporsi a prove di resistenza con pesi di piombo. Alle 14 si svolge la cerimonia della vestizione, i portatori indossano una tunica bianca con una fascia rossa intorno alla vita, dopodichè il gruppo compie una visita di devozione in cinque chiese per invocare sostegno e aiuto. Al termine ricevono la benedizione e l'assoluzione in articulo mortis, dato che si accingono a un'impresa che presenta non pochi pericoli. Alle 21 cadono i teli che nascondevano la "macchina" e gli uomini si pongono sotto le travature, la struttura ondeggia, si solleva, si muove. Il percorso è di circa un chilometro, interrotto da quattro brevi soste per riposarsi e rinfocillarsi. Tutte le luci si spengono mentre la guglia e splendente avanza rasentando i palazzi al ritmo scandito dalla banda musicale. Infine vi è da affrontare l'ardua salita che porta al santuario, è il momento più difficile e rischioso che i portatori intraprendono di corsa, fino a deporre il pesante carico sul sagrato. In quel momento si riaccendono le luci della città e scoppiano gli applausi della folla.
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L'Affruntata
Vibo Valentia (VV)
Domenica di Pasqua
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Protagoniste di questa sorta di sacra rappresentazione sono tre delle otto grandi statue (Misteri) settecentesche scolpite da Ludovico Rubino per i riti della settimana santa. Ogni statua è animata da quattro portatori appartenenti all'arciconfraternita del santo Rosario. Dopo due diversi cortei penitenziali che si svolgono il venerdì santo, la processione dei Misteri e la processione della Desolata, nella tarda mattinata della domenica si svolge appunto l'Affruntata, cioè l'incontro tra la Vergine e il Cristo risorto. Le loro statue e quelle dell'apostolo Giovanni escono dalle rispettive chiese e compiono percorsi differenti fra due ali di folla commossa: Giovanni è alla frenetica ricerca di Maria per darle il lieto annunzio dell'avvenuta resurrezione. Quando la scorge le corre intorno e le comunica la gioiosa notizia, ma la madre resta incredula, impietrita dal dolore e la statua dell'apostolo è costretta a fare per due volte la spola tra lei e il figliolo. Alla terza la segue, titubante, anche il simulacro del Cristo che leva in alto un vessillo bianco. A questo punto Maria sembra convincersi e avanza incerta, si avvicina con il cuore in tumulto, ma per tre volte ritorna sui suoi passi. D'improvviso avviene l'incontro e alla statua di Maria, in segno di cessazione del lutto, cade il velo nero che l'avvolge, così ella appare nello splendore della sua veste azzurra intessuta di stelle d'oro e d'argento. Nell'aria si alza improvviso un volo di colombi.
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La Lachera
Rocca Grimalda (AL)
La penultima domenica di carnevale
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Si narra che, verso la fine del Duecento, un giovane sposo di Rocca Grimalda riuscì a sollevare il popolo contro il tirannico Isnardo Malaspina che pretendeva di esercitare lo jus primae noctis sulle poste del feudo. Durante il corteo nunziale, aiutato da un gruppo di amici, non solo si oppose agli sgherri incaricati di rapire la sposa, ma uccise anche il feudatario, ponendo da allora fine all'assurdo privilegio. Come si vede, la storia è simile a quella che si racconta a Ivrea, cambiando solo la data e il nome del pretenzioso feudatario. Oggigiorno quella storia viene riproposta dalla Lachera, un corteo nunziale in costume che attraversa l'antico borgo tra schiocchi di frusta, sventolio di nastri multicolori e allegre musichette. Il rito si innerva di simbolismi molteplici e di non immediata comprensione: gli zuavi fanno roteare le loro spade, i lacheri vestiti di bianco portano sul capo alte mitre infiorate e compiono improvvisi balzi, i trappolini fanno vibrare i loro staffilli e risuonare i sonagli di cui sono ricoperti i loro bizzarri costumi
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Carnevale
Verrès (AO)
Carnevale
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Una durissima lotta si è scatenata tra Caterina di Challant e il suo consorte Pierre d'Ingtrod da una parte, e alcuni signori savoiardi desiderosi di impossessarsi del feudo che la bella castellana ha ricevuto in eredità dal padre dall'altra. Ma in quel 1449 accade un fatto nuovo: l'ultimo giorno di maggio, festa della santissima Trinità, Caterina e il marito scendono dal castello e si recano Verrès. Dopo aver pranzato dal prevoso Pietro de Chissé, si recano nella sottostante piazza. Al suono del piffero e del tamburo tutti iniziano a danzare e Caterina accetta gli inviti dei giovani del paese. Il suo è un gesto di democrazia che lascerà stupiti e ammirati tutti i presenti al punto da rimanere nella memoria popolare fino ai nostri giorni. Quando la sera il corteo risale al castello, un componente della scorta di Caterina ha un gesto di scherno verso il messo dei Savoia. Ancora oggi, durante le festività carnevalesche, Caterina di Chalant scende a ballare con la balda gioventù di Verrès. Sabato la festa comincia con una sfilata in costume lungo le vie del paese nel corso della quale Caterina e Pierre invitano tutti al grande ballo popolare. Poi lassù, nel castello arroccato su una rupe, per tre giorni si susseguono serate danzanti, concerti e sceneggiate storiche. Immancabile è la rappresentazione del dramma di Giuseppe Giacosa "Una partita a scacchi", quello nel quale compaiono i famosi e, per molti, orribili versi:
-Faggio Fernando, perché mi guardi e non favelli? -Guardo gli occhi tuoi che son tanto belli.
Infine, nel pomeriggio di martedì grasso, la sfilata si ripete al suono della banda musicale. Dall'alto del suo carroccio Caterina lancia verso la folla manciate di fiori e caramelle.
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Il Giuramento della Concordia
Pontida (BG)
Giugno
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Quattro comuni lombardi (Bergamo, Brescia, Mantova e Cremona, altri sedici si uniranno in seguito) giurarono qui nel 1167 un patto di alleanza per opporsi all'imperatore Federico Barbarossa e ogni anno la cittadina rievoca l'avvenimento con una ricostruzione suddivisa in varie fasi: l'incoronazione di Federico, la distruzione di Milano, l'alleanza fra i comuni e la loro vittoria finale. La rievocazione si svolge sulla piazza della basilica di san Giacomo e sfrutta l'aiuto scenografico dell'ampia scalinata antistante. Alcuni squilli di tromba annunciano l'entrata in campo dell'imperatore che, avvolto nel suo mantello rosso dal lungo strascico, scende la scalinata per poi essere cinto della corona d'oro. Giungono quindi quattro cortei composti di figuranti in costumi medievali che rappresentano i comuni protagonisti della rivolta. Seguono le vicende dei contrasti commerciali fra i vari comuni e la successiva distruzione di Milano per opera delle truppe imperiali appoggiate da parte dei comuni lombardi a lei avversi. L'arcivescovo di Milano, Oberto Pirovano, giunge a Pontida e qui incoraggia l'iniziativa di Pinamonte da Vimercate che tende alla costituzione della lega. Segue il giuramento, con le spade sguainate sui Vangeli, e quindi Pinamonte estende la sua opera di proselitismo nel resto della Lombardia, Giunge la notizia che, grazie all'alleanza, Milano è risorta, cui segue la nuova della sconfitta di Federico nella battaglia di Legnano, accolta con grande entusiasmo dalla folla. La festa si chiude con la lettura della poesia di Giovanni Berchet Il giuramento di Pontida e con il casosello degli armigeri.
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Incontro tra soldato cristiano e soldato saraceno
Gruppo dei saraceni
I soldati sfilano lungo la strada principale del paese
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La Pace
Santa Croce del Sannio (BN)
Periodo di Carnevale
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Manifestazione storica in costume medioevale che ruota intorno ad una singolare vicenda che pare sia accaduta proprio a Santa Croce del Sannio. Siamo nella prima metà dell'800 d.C., ai tempi delle invasioni delle orde saracene capeggiate dal feroce "Seudan" che utilizzarono il Regio Trattuto per invadere i territori del Molise e del Sannio, seminando ovunque morte e distruzione. In effetti la storia non narra se la stessa sorte toccò anche al nostro paese, ma secondo la leggenda pare che qualcosa di veramente straordinario sia accaduto.
Tutto inizia, quando il duca cristiano, feudatario di Santa Croce esclude i cavalieri saraceni, accampati nei vicini territori dal torneo equestre che dovrà designare lo sposo della giovane figlia Maribella; Seudan, risentito per l'esclusione dalla competizione, in quanto ritenuto indegno, sfida a duello il duca cristiano, nel luogo fissato dal punto di incontro tra un cavaliere cristiano armato di lancia e uno saraceno armato di picca. Nelle sue prime fasi la vicenda fu un susseguirsi di contese che proiettavano ad un tragico epilogo, ma grazie al provvidenziale evento di Maribella, che si presta disposta a prendere come suo sposo Seudan, convertito cristiano da un misterioso monaco, l'intera vicenda culmina nella "Pace".
"La Pace" è denominato il torneo equestre tra cristiani e saraceni che ripropone la vicenda e si rappresenta dal 1785, data di certa documentazione, ogni anno l'ultimo giorno di carnevale.
La tradizione, inoltre, ci tramanda che la manifestazione non può essere interrotta altrimenti si perderebbe il mercato settimanale del bestiame, istituito tramite un Regio Decreto proprio nel 1785.
Leggi il Programma 2006
* info@prolocosantacrocedelsannio.com : www.prolocosantacrocedelsannio.com
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Festa dei Bandaresi
Bucchianico (CH)
Dalla domenica precedente il 24 maggio al 27 maggio
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La festa rievoca un avvenimento del 1380 quando, durante il conflitto tra Svevi e Angioini, Chieti dichiarò guerra a Bucchianico. La battaglia si risolse grazie a uno stratagemma, infatti un bucchianese, ispirato in sogno da sant'Ubaldo (le cui reliquie erano conservate nella chiesa del paese), radunò tutti gli uomini atti a combattere e li fece sfilare fieramente per nove volte lungo il fianco della collina, visibile a Chieti. I teatini credettero le forze dell'esercito nemico molto più numerose della realtà e si ritirarono. Da allora si rievoca questo avvenimento con una grande grande festa dal rituale molto complesso. La domenica precedente il 24 maggio le donne sfilano recando in testa enormi canestri addobbati di fiori e nastri, dentro i quali sono riposti cibi di ogni tipo, e sono poi accolte dalla castellana. Ciò ricorda la vigilia della battaglia, quando le donne raggiunsero il paese assediato portando i rifornimenti. I giostratori muovono le due insegne, una rossa e una azzurra (i colori della città), evitando attentamente di farle cadere perché ciò sarebbe di cattivo augurio. Alla testa del corteo si pone il bandarese (il contadino accorso a combattere) che sul vestito indossa a bandoliera una striscia di panno e porta un cappello ornato da un lungo piumaggio. Questi è anche colui che organizza la manifestazione. Ogni contrada conduce un carro riccamente adornato che svolge uno dei seguenti temi: il pane, il vino, la legna, il letto. Il giorno seguente si svolge la fase centrale della manifestazione, la ciammaichella, un tipo singolare di passo e movimento a spirale al suono di tamburi che ricorda quello dell'assedio. Sfilano i bandaresi che, con passo marcato sfilano intorno alla piazza per nove volte. Il giorno seguente si festeggia la vittoria, il sargentiere (cioè il capo degli armati, colui che ebbe la visione in sogno che salvò la città) riceve la spada dalle mani del sindaco che lo proclama così comandante militare. Avvenuta la consegna, un corteo composto di carri percorre il paese e poi la festa si chiude con balli e sventolio di bandiere.
: www.festadeibanderesi.it
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La Bahio
Sampeyre (CN)
Ogni 5 anni dal 6 gennaio al giovedì grasso
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Cade nel periodo di carnevale per una semplice coincidenza cronologica, ma è ben più di una mascherata questo evento della Val Varraita (qui gli abitanti sono di lingua e cultura occidentale) che si rifà a un millenario copione affidato interamente a interpreti maschili. Si svolge in genere ogni cinque anni il giovedì grasso e le due domeniche precedenti. Si narra che all'epoca di Carlo Magno la popolazione abbia respinto alcune bande di saraceni, e in ricordo di questa vittoria decine di personaggi sfilano e danzano indossando bellissimi costumi realizzati appositamente dalle donne del paese, che assolvono così l'unico compito loro spettante in questa festa. Essi indossano costumi fantasiosi, dove appaiono anche divise d'inspirazione napoleonica, sfilano soldati, ufficiali, cavalieri, tamburini. Vi sono poi le sarazine, bambine che all'epoca della rivolta, agitando fazzoletti bianchi, segnalavano gli appostamenti nemici, le segnourine, impersonate da ragazzi che indossano sottane e camiciole bianche, i greci dalle lunghe pipe, i morou, già prigionieri dei saraceni, i sapeur (zappatori), che avevano il compito di liberare le strade dagli ostacoli. Seguono gli scarliniè, che portano bastoni ornati con nastri e campanelli, i segnuri (signori) e infine gli espus (sposi), il Vecchio e la Vecchia che festeggiano la vittoria. Vi sono poi gli abbà, che organizzano e dirigono il corteo. Un gruppo di violinisti e fisarmonici suona allegre musichette per cadenzare la marcia e le danze. Oltre al riferimento storico, vi è anche un indubbio collegamento con il carnevale, e una spia ne è l'inquietante presenza di Arlechin, un personaggio vestito di stracci multicolori e con il cappello ornato di conchiglie che spaventa la folla con uno scoiattolo imbalsamato per obbligarla ad indietreggiare. Vi è anche un tipico processo carnevalesco il cui protagonista è il tezourié (il tesoriere). Questi finge di fuggire con la cassa, ma viene catturato e condannato. Prima dell'esecuzione detta un burlesco testamento, alludendo maliziosamente ad eventi della cronaca paesana, a scandali e a soprusi degli amministratori. Si tratta di una sorta d'esame di coscienza collettivo che spesso poi sfocierà nella richiesta della grazia da parte delle segnourine.
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Regata storica e Corteo storico
Pizzighettone (CR)
Ultimo sabato di giugno
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La regata rievoca la prigionia di Francesco I di Valois che, dopo essere stato sconfitto nella battaglia di Pavia del 1525 da Carlo V di Spagna, fu portato a Pizzighettone e rinchiuso in una spoglia stanza al secondo piano della Torre del Guado, tuttora esistente sulla riva dell'Adda, avanzo dell'imponente castello distrutto agli inizi dell'Ottocento dagli austriaci. Da qui re Francesco inviò alla madre Luigia una lettera che conteneva un detto rimasto famoso: "Tutto è perduto fuorchè l'onore e la vita". La prigionia durò tre mesi durante i quali i maggiori personaggi del tempo si recarono a fare visita all'illustre signore e in suo onore furono organizzati concerti e tornei. Una volta tornato in libertà, Francesco volle esprimere la sua gratitudine per il buon trattamento ricevuto inviando alla cittadinanza ricchi doni che sono tuttora custoditi nella chiesa di san Bassiano: un manto regale, un Palio e un reliquiario con una spina detta "della corona di Gesù". Il culmine della manifestazione è rappresentato dalla regata sul fiume, cui prendono parte una ventina di imbarcazioni e circa duecento personaggi in costume. Essi sfilano poi nelle vie del centro storico pavesate a festa montando cavalli riccamente bardati e inalberando variopinti stendardi. Abbandonata la prigione, un personaggio raffigurante re Francesco, si unisce al corteo in piazza Mercato per assistere agli spettacoli degli sbandieratori e al Palio dei quattro rioni che formano il paese. Seguono balli e musiche d'epoca.
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